giovedì 28 giugno 2012

Da Rete28Aprile i temi della discussione del 30 Giugno


TEMI PER LA DISCUSSIONE DEL 30

La decisione della maggioranza della Cgil di non difendere con tutte le forze l'articolo 18, ma invece di accettare nei fatti e anche nella forma la controriforma del lavoro, costituisce una rottura profonda con la storia e la cultura dell'organizzazione.

Il percorso di questa rottura parte da lontano, ma l'accelerazione è stata impressa dall'accordo del 28 giugno, che apriva la via alle deroghe nel contratto nazionale, riproponeva il ruolo delle Rsa non elettive nei luoghi di lavoro e che veniva poi completato dall'articolo 18 dell'ultima legge del governo Berlusconi.

In Fiat la Fiom e quindi anche la Cgil sono state escluse dai più elementari diritti democratici, come non era avvenuto neanche negli anni 50, eppure la confederazione non ha considerato questo fatto come discriminante nelle relazioni con le controparti e con le altre organizzazioni sindacali.

Ed infine la drammatica sconfitta subita sulle pensioni, e sulla politica di austerità e tagli sociali del governo Monti, ha mostrato tutta l'inconsistenza della linea e dell'azione concreta del sindacato confederale e della Cgil in Italia.

Tutto questo ha condotto, alla mancata opposizione e alla sostanziale accettazione della cancellazione dell'articolo 18. La Cgil concertativa di 10 anni fa usò tutte le sue forze per fermare l'attacco allo Statuto dei lavoratori. E su questo terreno vinse. Quella attuale non ha neppure provato a lottare.

Per queste ragioni dobbiamo considerare quello avvenuto un passaggio costituente nella vita del più grande sindacato italiano. La tutela del diritto al conflitto sociale dentro i luoghi di lavoro, la lotta contro il supersfruttamento non sono oggi una priorità per la linea prevalente nell'organizzazione. Sul piano contrattuale si firma quasi tutto e quasi di tutto. I contratti che vengono sottoscritti sono solo peggiorativi rispetto a quelli precedenti. Ai lavoratori converrebbe il rinnovo sul testo precedente, senza modifiche e senza ridicoli aumenti. Ma non a caso questo non si fa perché sono le controparti padronali che presentano le piattaforme e firmano solo quando la normativa è peggiorata.

Tutta la Cgil avrebbe dovuto considerare il “no” della Fiom a Pomigliano una risorsa per riconquistare potere contrattuale. Invece è stato considerato un fastidio e la Fiom è oggi ai margini dell'organizzazione.

Si afferma così nella contrattazione un modello sindacale corporativo e aziendalista mentre la confederalità viene trasformata in una generica iniziativa da associazione di cittadini. Anche questo modello mostra tutta la sua debolezza per la subalternità della Cgil al quadro politico che sostiene il governo Monti. Così non solo si rinuncia al conflitto sulle condizioni di lavoro, ma anche il ruolo di pressione sociale e politica non viene esercitato per non rompere col centrosinistra, in particolare col Partito Democratico.

Quest'insieme di scelte fa sì che la Cgil, oggi, non sia nelle stesse posizioni e collocazione di 20 anni fa. Allora il sindacalismo confederale ebbe un ruolo di supplenza nella crisi politica che portò alla seconda repubblica. Oggi la crisi della seconda repubblica coinvolge anche Cgil Cisl Uil e la terza repubblica rischia di travolgere nella crisi di rappresentanza anche il sindacalismo confederale.

L'aggravarsi della crisi sociale, le drammatiche condizioni delle lavoratrici e lavoratori, dei pensionati e dei disoccupati, del Mezzogiorno, aprono quindi una crisi profonda anche nella Cgil che richiede un innalzamento del livello qualitativo e quantitativo del conflitto politico all'interno di essa. La gravità della rottura dell'articolo 18 impone che tutte e tutti coloro che nella Cgil non intendono rassegnarsi a un'omologazione alla pratica sindacale di Cisl e Uil si organizzino in un'opposizione interna che agisca visibilmente nei luoghi di lavoro.

La situazione è troppo grave perché si possa semplicemente aspettare il Congresso tra 2 anni per conquistare maggiore consenso. Occorre organizzare l'opposizione alle linea prevalente in Cgil, tra gli iscritti e nei luoghi di lavoro qui ed ora.

La Cgil che vogliamo finora non è riuscita a far corrispondere alle posizioni generali una concreta azione politica nei territori e nelle categorie. In gran parte delle riunioni del direttivo della Cgil la minoranza ha votato contro la maggioranza. Sull'articolo 18 anche Lavoro e società ha votato contro. Ci sarebbero quindi le condizioni per una vasta iniziativa comune per contrastare la linea prevalente nell'organizzazione. Ma questo è possibile solo se il dissenso degli organismi si trasforma in partecipazione e opposizione in tutta la Cgil. È in corso un processo di spoliticizzazione della vita sindacale a favore di pratica burocratiche di servizio. Si riducono enormemente gli spazi di partecipazione e democrazia la vita interna è sempre più segnata da fenomeni autoritari e da pratiche burocratiche di conquista della fedeltà ai gruppi dirigenti. Il protagonismo dei delegati dei lavoratori, quando riesce ad esprimersi, viene mal tollerato o combattuto. Così funzionano Cisl e Uil da tempo. Così funziona sempre di più la Cgil.

Per questo è necessario contrastare questa deriva con sedi e momenti nei quali i militanti sidacali possano discutere, capire, prepararsi, organizzarsi.

Questo però, lo abbiamo verificato, non è praticabile con i meccanismi di funzionamento attuale dell'aria programmatica congressuale e ancora meno in una vasta alleanza che comprenda anche Lavoro e società. È proprio l'opposizione capillare e organizzata che sin ora non si é riusciti a fare e questo per evidenti ragioni di scelta politica dei gruppi dirigenti della minoranza.

Per noi non basta più il voto contrario agli organismi e la manifestazione pubblica del dissenso a livello nazionale. Occorre un'azione capillare che va programmata.

Per queste ragioni riteniamo indispensabile dar vita a una componente organizzata all'interno della minoranza congressuale, che abbia l'obbiettivo di costruire un'opposizione partecipata nella Cgil.

La Rete 28 Aprile è stato questo prima dell'ultimo congresso e questa funzione deve essere ripresa, senza alcuna preclusione verso tutte e tutti coloro che, vendendo da altre esperienze, intendono praticare l'opposizione nella Cgil.

Intendiamo quindi formalizzare a livello confederale nazionale la costituzione di un'area di opposizione organizzata nell'ambito della minoranza congressuale. Continueremo a riconoscerci ne “la Cgil che vogliamo” per tutte le iniziative comuni che si possano sviluppare e per il confronto con la maggioranza su democrazia, pluralismo, gruppi dirigenti. Intendiamo però con questa costituzione rivendicare lo spazio e le agibilità statutarie per far conoscere la voce e le ragioni dell'opposizione in tutte le strutture e in tutti i luoghi di lavoro.

Non intendiamo quindi costituire l'area a cascata ovunque, in quei territori e in quelle categorie ove c'è una pratica visibile di opposizione de “la Cgil che vogliamo”, ci riconosceremo in essa. La dove però questa manchi, e purtroppo è così nella maggioranza delle strutture, allora intendiamo organizzare la nostra presenza e la visibilità delle nostre posizioni.

In particolare consideriamo punti immediati della nostra iniziativa i seguenti temi:

  -la lotta a al governo Monti, alla sua politica economica, alla politica economica dell'Unione Europea;

  -la lotta alla controriforma del lavoro, a quelle delle pensioni, alla precarietà;

  -l'organizzazione, la diffusione, il sostegno verso il conflitto sociale nei luoghi di lavoro;

  -la pratica democratica e la validazione consensuale delle scelte sindacali da parte dei lavoratori, l'indipendenza politica;

  -l'organizzazione e la diffusione del dibattito e del protagonismo degli iscritti e dei delegati nelle sedi della Cgil.

Su questi 5 punti vogliamo costruire una forza organizzata dentro la Cgil, aperta a tutti i movimenti sociali e sindacati e a tutte le iniziative di conflitto sociale e democratico.

E su queste basi intendiamo collettivamente, dopo una discussione e una consultazione diffusa, elaborare obbiettivi e un programma d'azione da diffondere in tutta la Cgil.

Su queste basi convochiamo un'assemblea il giorno 30 giugno, aperta a tutte tutti coloro che vogliono organizzare l'opposizione Cgil.


Giorgio Cremaschi

Documento approvati dal Coordinamento Nazionale dell’Area Programmatica “La CGIL che vogliamo” nella riunione del 22 Giugno a Roma



Tutte le ipotesi di politiche di austerity avanzate attraverso interviste e dichiarazioni di ministri e sottosegretari vanno contro i dipendenti pubblici e si sommano alle politiche di massacro sociale che abbiamo visto negli ultimi anni contro tutte le lavoratrici e i lavoratori. La “spending review” devasterà il lavoro pubblico e colpirà frontalmente i servizi pubblici e i cittadini.
Per le seguenti ragioni l'Area Programmatica LA CGIL CHE VOGLIAMO in FP CGIL ribadisce la contrarietà in merito al Protocollo d'Intesa sottoscritto anche dalla nostra Categoria come da ordine del giorno presentato al Direttivo Nazionale di FP CGIL dell’8 Maggio da Mario Iavazzi che, anche alla luce degli avvenimenti successivi, conferma tutta la sua validità e correttezza. Quel Protocollo, infatti, dà per scontato molti aspetti che oggi sono alla base delle ipotesi di provvedimento del governo Monti, a partire dalla stessa presunta necessità di rivedere la spesa pubblica, (“spending review” appunto) e la stessa mobilità così come prevista da Brunetta.
Le ipotesi in campo sono di una gravità mai vista prima:
  • Risparmi di spesa dai 5 ai 15 miliardi di euro considerando il 2012-13
  • Tagli al personale che vanno dal 5% al 20% dei Ministeri
  • Tagli delle risorse a tutti i comparti. Per la sanità si ipotizzano tagli di 1-1,5 mld euro
  • 250-300 mila esuberi a partire dagli over 60
  • Mobilità per 2 anni all’80% della stipendio base (quindi dal 50 al 70% delle retribuzione a seconda del salario accessorio previsto
  • Tagli agli stipendi del 5%
E inoltre:
  • Ipotesi di blocco delle 13esime per 3 anni prorogabili
  • Una settimana di ferie in meno (dichiarazione sottosegretario Polillo)
  • Riduzione del valore dei buoni pasto
E chi più ne ha più ne metta. Non sappiamo quali tra queste ipotesi metteranno in campo da subito, quali decideranno di evitare o di posticipare ma l’unica certezza che c’è e che vogliono devastare i servizi pubblici.
E’ il momento di rompere gli indugi. Incomprensibile e per nulla condivisibile la decisione del Direttivo Nazionale CGIL di revocare lo Sciopero Generale proclamato dal Direttivo Nazionale di Marzo come parte delle 16 ore di sciopero che, tra l’altro, sono in alcuni territori sono state effettuate.
Le due ore di assemblee del 16 Giugno convocate in molti luoghi di lavoro da Cgil-Cisl-Uil devono essere solo l’inizio e, da sole, sono assolutamente insufficienti. In quelle assemblee non si andava oltre la denuncia, non c’erano proposte di mobilitazione per fermare l’attacco generale. Le lavoratrici e i lavoratori, in questa fase, si stanno chiedendo cosa fare. Noi proponiamo che:
  • Si ritiri la firma dal Protocollo sul Pubblico Impiego di Maggio
  • Sia prevista una mobilitazione vera, non solo annunciata, che sia preparata e che veda come scadenza, la più ravvicinata possibile subito dopo le ferie estive, uno Sciopero Generale.
  • Il governo con le scelte che sta adottando dimostra palesemente di voler smantellare il servizio pubblico e di fregarsene dei servizi essenziali La nostra risposta deve essere adeguata alla fase. Si metta in discussione, operativamente e nei fatti, laddove è possibile, la legge 146/90 sul “diritto” di sciopero.
Per parte nostra, promuoveremo la nascita, e aderiremo, a Comitati di tutela dei lavoratori e del Servizio Pubblico, come luoghi aggreganti di discussione, partecipazione e di mobilitazione.
Sin da ora dichiariamo che promuoveremo un’assemblea nazionale dell’Area Programmatica LA CGIL CHE VOGLIAMO in FP CGIL entro il mese di Ottobre per discutere assieme alle lavoratrici e ai lavoratori dello stato della situazione e delle prospettive.
Coordinamento nazionale
Area Programmatica LA CGIL CHE VOGLIAMO in FP CGIL

martedì 26 giugno 2012

CONTINENTAL SPA IN LIQUIDAZIONE.COMUNICATO STAMPA CUB SULLA RICHIESTA DI MANIFESTAZIONE DI INTERESSE DA PARTE DEL LIQUIDATORE


La CUBInformazione della Provincia di Savona, ricevuta la lettera con la quale il liquidatore avvisa pubblicamente tutti i soggetti che possono essere interessati all’acquisto, che è stato dato il via alla procedura tesa a trovare un nuovo proprietario dello stabilimento di Varazze.
La CUBInformazione, preso atto della decisione, si impegna con tutti i suoi mezzi a diffondere questa richiesta, al fine di concorrere a creare multiple manifestazioni di interesse che, pur in una logica di mercato, favoriscano l’offerta più vantaggiosa per i lavoratori.
La scrivente Organizzazione Sindacale, nel contempo, non può esimersi dal rimarcare due elementi, uno interno alle scelte del liquidatore e l’altro di natura politico-territoriale, che pur essendo sotto gli occhi di tutti, non ha mai ricevuto la dovuta attenzione.
La richiesta di manifestazione di interesse, infatti, si limita all’acquisto.
Non v’è chi non veda che in un momento di crisi di liquidità come quello che stiamo attraversando l’impegno all’acquisto, contemporaneo a quello di una possibile riconversione o comunque a quello del riavvio degli impianti, dopo averli opportunamente rimessi in sesto, rappresenta un onere economico che mal si concilia con la logica di multiple manifestazioni di interesse, creando non poche difficoltà a soggetti veramente interessati ma non supportati da una grossa capacità finanziaria.
Per questo, pur essendo vero che all’affitto ci si può comunque arrivare dopo una ipotesi di vendita non realizzata, nel frattempo per i lavoratori potrebbero scadere gli ammortizzatori sociali e questi si troverebbero sul lastrico.
Rispetto invece ad alcune notizie lette sui giornali locali, relative alla futura costruzione di una Cartiera in Valle Bormida nelle aree ex Ferrania, lo sconcerto prende il sopravvento.
Possibile che in una Provincia nella quale ben due cartiere sono ferme da tempo, qualcuno sostenga l’ipotesi di costruirne un’altra ex novo?
Lungi da noi l’idea di sostenere una “guerra tra poveri” mettendo i disoccupati della Ferrania in conflitto con quelli delle Cartiere di Murialdo e di Varazze, ma proprio perché vogliamo evitare queste contrapposizioni, riteniamo che sia inevitabile rifiutare elementi che possano generarle.
E poiché del problema delle cartiere sono stati interessate tutte le forze sindacali, politiche, istituzionali, imprenditoriali ad ogni livello territoriale, ci chiediamo come si concili questa proposta con la necessità di coordinare l’economia della zona con idee concrete ma coerenti.
Delle due l’una: o è una bufala, e ciò significa che qualcuno sta bellamente strumentalizzando la situazione dei lavoratori ex Ferrania prendendoli in giro, o è vero, e questo rende ancora più grave questa ipotesi.
Ci viene infatti da chiederci:
perché chi sarebbe interessato a costruire una cartiera a Ferrania non ha trovato più interessante l’acquisto di uno degli stabilimenti già esistenti, con quello di Varazze, oltretutto, già dotato di un impianto ecologico di trattamento della carta, o quello di Murialdo, per il quale l’iniziativa congiunta di diverse forze aveva ottenuto finanziamenti importanti?
Perché, se l’ipotesi fosse quella di produzioni alternative, non si è ragionato sulla possibilità di riconversioni in questi stabilimenti ponendosi il problema, casomai, di un contributo pubblico ben vincolato all’occupazione?
E se la soluzione stesse proprio nel costo di queste due cartiere, perché non è stata presa in considerazione l’ipotesi di un affitto lungo, con vincoli quali quelli elaborati in precedenza per la Cartiera di Varazze ma non proposti poiché si è preferito seguire la strada della vendita?
Per fare un esempio è come se ai lavoratori ex OCV ed ex Vetrotex si offrisse l’alternativa di fare tazzine, e a quelli della FAC di cominciare a produrre fibra di vetro.
È vero che anni volevamo che la fantasia andasse al potere, ma con un po più di coerenza.
Il Segretario Provinciale
della  CUB-Informazione
Icardo Giampiero