venerdì 26 aprile 2013

Primo Maggio 2013 Precario e autogestito Altare Località Lipiani Isolagrande


Il 1 maggio 2013 il collettivo Unitiallabase, Lavoratori e Lavoratrici autoconvocati, ha organizzato presso l'area Picnik di Altare, in località Lipiani Isola Grande, un incontro conviviale – politico in occasione della ricorrenza del primomaggio al fine di mettere in contatto tra loro i disoccupati , i precari , i lavoratori delle varie realtà lavorative della provincia di Savona.

Ci chiudono le fabbriche,
Ci tolgono la Cassa Integrazione,
Ci negano la pensione e il lavoro!
Come possiamo reagire?
PARLIAMONE INSIEME,
DAVANTI AD UNA BIRRA ED UN PANINO!
 Il diritto al  lavoro è un problema comune ed insieme dobbiamo affrontarlo!
Puoi portare una salsiccia , una bottiglia di vino,
Puoi portare un salame , una frittata,
Puoi portare una bottiglia , due bistecche.
Porta ciò che vuoi
Ma soprattutto porta la tua disponibilità e determinazione a reagire
Metteremo tutto sul tavolo e ci scambieremo idee e panini, proposte e bevande, 
canzoni ed opinioni


La manifestazione inizierà alle ore 10 e terminerà alle ore 20
Data la disponibilità di ampi spazi coperti l'iniziativa si svolgerà anche in caso di pioggia
Ringraziamo il comune di Altare per la concessione dell'area, l'AVIS e la Croce Bianca di Altare per il supporto logistico fornito per la realizzazione dell'iniziativa.
Per contatti telefonici 3474596046
Info e adesioni unitiallabase@gmail.com
http://unitiallabase.blogspot.it/

 Come Arrivare




 

mercoledì 24 aprile 2013

Cgil Cisl Uil e Confindustria verso il loro “governissimo”!






 Cgil Cisl Uil e Confindustria verso il loro “governissimo”!
NO al patto sociale della
miseria
R28aprile - opposizione Cgil
Dopo la paralisi post-elettorale, Cgil Cisl, Uil e Confindustria vanno verso il patto sociale. Anche la Cgil sceglie di nuovo di stare con il palazzo, in subalternità al PD, di cui si avvia a condividere la stessa crisi.
Il patto sociale tra imprese e sindacati è la stessa strada che in Parlamento riapre al governissimo, no­nostante il voto abbia dimostrato l’esistenza di uno spazio vasto di malessere e di rabbia che ha punito chi ha sostenuto il rigore del governo Monti, cancellato l’art.18, le pensioni e la contrattazione nazionale.
Di nuovo, il sindacato, in nome di una presunta responsabilità, assume su di sè le compatibilità dell’im­presa, del mercato e dell’Europa, subordinando ad esse la propria iniziativa autonoma e conflittuale. Di nuovo a pagare saranno i lavoratori, i pensionati, i disoccupati, con buona pace di chi prometteva un cambiamento e sull’art.18, negando la sconfitta, si affidava ad un referendum scomparso nel nulla.
E’ il patto sociale della miseria! In cambio non c’è democrazia nè difesa del contratto nazionale, nè tanto meno crescita dei salari, lotta alla precarietà o blocco dei licenziamenti.Tutto ruota intorno alla cosiddetta esigibilità degli accordi aziendali, un meccanismo alla Marchionne per cui solo chi sottoscrive preven­tivamente un’intesa partecipa alle elezioni della RSU, ma si impegna a non scioperare. Così si cancella il potere contrattuale dei lavoratori, riscrivendo la Costituzione e il diritto di sciopero.
Mai come ora il 25 aprile e il 1° maggio siano giornate di lotta nelle quali rivendicare i nostri diritti e il pieno valore di una Costituzione, democratica, antifascista e fondata sul lavoro. Altro che la ritua­lità ipocrita del concertone di piazza San Giovanni, segno soltanto dell’incapacità di uno scatto conflittuale di fronte al disastro sociale in atto.
Rivendichiamo una mobilitazione sociale straordinaria che dica in maniera forte No al patto sociale, a partire dalla costruzione di una piattaforma generale e unificante, in cui il salario, le pensioni, l’art.18 e il diritto di sciopero, tornino al centro della nostra iniziativa autonoma e conflittuale.
Questo è l’unico modo che abbiamo di celebrare il 25 aprile e il 1° maggio! R28a
Il 25 aprile e il 1 maggio siano giornate di lotta per
la democrazia e la libertà, contro l’austerità e senza ipocrisia!

Per il diritto al lavoro e alla pensione, per l’art.18,
contro la precarietà, per la democrazia e il diritto di sciopero.
La nostra resistenza
parte da qui!

NO al governissimo sindacale


di Giorgio Cremaschi - Il direttivo nazionale della CGIL ha dato via libera, con la sola opposizione della rete 28 aprile, alla stipula del patto sulla rappresentanza. Che bello, diranno gli ingenui, finalmente c'è la democrazia sindacale. Bè, non è proprio così. L'accordo che si prefigura si basa sullo scambio tra diritto alla rappresentanza e esigibilità degli accordi. Che vuol dire in concreto? Facciamo un esempio.(...)

Nel 2010 alla Fiat di Pomigliano Sergio Marchionne impose una accordo gravemente lesivo delle condizioni e delle libertà dei lavoratori. Quel patto fu accettato dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali, delle rsu e dei lavoratori con un referendum. La FIOM comunque rifiutò quello che definì giustamente un ricatto, non accettò il pronunciamento maggioritario e si mise a contestare l'accordo per via sindacale e legale; e per questo fu esclusa dalla rappresentanza sindacale in Fiat e i suoi iscritti discriminati sul lavoro.

Con il nuovo accordo sulla rappresentanza tutto questo non succederà più.

La parola magica è esigibilità, termine del più puro sindacalese che oggi significa che chi vuol sedersi al tavolo della rappresentanza con i padroni deve preventivamente assicurare loro che cosa fatta capo ha.

Si azzera il sistema esistente e si riparte da capo. Ai tavoli dei contratti nazionali partecipano solo le organizzazioni che rappresentano più del 5% degli iscritti. A quelli dei contratti aziendali le rsu e i loro sindacati. L'accordo è valido quando la maggioranza dei sindacati o delle rsu lo sottoscrive. La consultazione dei lavoratori, non obbligatoria ma auspicata, può esprimere il suo giudizio finale. Ma cosa c'è allora che non va? L'esigibilità.

Per accedere a questo sistema si deve infatti sottoscrivere prima la rinuncia a contestare gli accordi che non si condividono.

Se in un contratto nazionale o aziendale si aumenta l'orario di lavoro, si abbassano le qualifiche, si toglie ai lavoratori il diritto ad ammalarsi, e se la maggioranza dei rappresentanti sindacali e dei lavoratori accetta, la minoranza non può più opporsi. Non può fare sciopero, non può andare in tribunale, non può neanche tutelare quei lavoratori che non ci stanno. Altrimenti è fuori.

Questo il succo, CGIL CISL UIL firmano con la Confindustria e così impegnano tutte le proprie organizzazioni e i propri delegati a rispettare il principio della esigibilità. Chi non ci sta è fuori. E gli altri sindacati? Se non ci stanno sono fuori e per starci, lo ripeto, devono preventivamente firmare che accetteranno qualunque accordo.

Ovunque ci sia una lotta o un ribellione vera allo sfruttamento, il sindacato dev'essere preventivamente esigibile. Già oggi succede, perché le lotte sindacali più importanti e partecipate della Lombardia, Trenord e S.Raffaele, vedono CGIL CISL UIL ostili ed estranee, come accade alla lotta dei lavoratori migranti della logistica e a tanti altri.

Però il problema degli accordi separati è superato. Tutti gli accordi sono preventivamente unitari perché non esiste più il diritto a non firmare ciò che non piace. Si supera il problema del dissenso cancellando il diritto a dissentire. Come la Fornero che ha superato la divisione tra chi è o non è tutelato dall'articolo 18, togliendo l'articolo 18 a tutti.

Questo accordo costituisce un esproprio di quella tanto auspicata legge sulla rappresentanza, che avrebbe dovuto finalmente garantire ai lavoratori il diritto alla democrazia sindacale, mentre invece realizza una privatizzazione corporativa di questo loro diritto.

Del resto questo è ciò che le "parti sociali" ricercano su un piano ben più ampio.

I gruppi dirigenti di CGIL, CISL e Confindustria hanno visto travolti dalle elezioni i rispettivi progetti politici. Le presidenziali, con la catastrofe del PD, hanno scatenato l'angoscia tra i quadri della CGIL, i cui più anziani hanno già vissuto la crisi del PCI e la distruzione del PSI.

Quindi la spinta ad affermare: che c'entriamo noi con la crisi politica noi siamo il sindacato, è fortissima. E sarebbe anche una buona cosa se fosse il segno di una volontà di rinnovare le pratiche della rappresentanza e del conflitto sociale. Ma CGIL CISL UIL escono da venti anni di concertazione, di moderatismo rivendicativo, di istituzionalizzazione. Tutta la struttura è stata selezionata da queste basi. Come si fa a cambiare?

Così ci si aggrappa ad una Confindustria anch'essa colpita da crisi di rappresentanza ed efficacia. E si rilancia il patto corporativo tra i produttori, che oggi più che mai è prima di tutto una patto di sopravvivenza tra grandi burocrazie in crisi.

Così, mentre tutti i riflettori dell'informazione sono concentrati sul governissimo di Giorgio Napolitano, CGIL CISL UIL e Confindustria stanno definendo il governissimo sindacale.

La CGIL aderisce al patto sulla rappresentanza con il concorso determinante di Maurizio Landini. Senza il suo apporto la segreteria di Susanna Camusso non avrebbe avuto oggi la forza politica di andare avanti. Perché?

Si sprecano le analisi di retroscena.

Ma questi dietro le quinte hanno però il difetto di nascondere la scena principale. Maurizio Landini ha dato speranza e coraggio al mondo del lavoro, acquisendo fama e prestigio, con il no a Pomigliano, non firmando un accordo accettato dalla maggioranza dei sindacati e dei lavoratori. Ora quel no diventa un si attraverso l'accettazione della esigibilità. Maurizio Landini ha il dovere di spiegare questo ribaltamento della sua posizione e di quella della FIOM, senza sotterfugi, senza inutili sprechi di retorica.

In ogni caso contro questo accordo che normalizza e centralizza autoritariamente tutte le relazioni sindacali, bisognerà lottare. Tutte le forze e le esperienze sindacali che non ci stanno debbono organizzare la disobbedienza, il contrasto, la crisi del patto corporativo sulla rappresentanza.

Un regime sindacale degli esigibili, quando su tutti pesano i danni e i ricatti della disoccupazione di massa, è un altro macigno che precipita sul mondo del lavoro, bisogna reagire subito.

venerdì 19 aprile 2013

MASTRAPASQUA BATTE CASSA AI MINISTERI VIGILANTI






MASTRAPASQUA BATTE CASSA AI MINISTERI VIGILANTI
I CONTI INPS MESSI A RISCHIO DALL’INTEGRAZIONE CON INPDAP

Il Presidente dell’INPS, Antonio Mastrapasqua, lo ha scritto chiaro e tondo nella nota che ha inviato lo scorso 22 marzo ai Ministri Grilli e Fornero: i minori trasferimenti dalle casse statali, la riduzione dell’avanzo patrimoniale e la contrazione strutturale delle entrate contributive della gestione pubblica (ex INPDAP), mettono a rischio la tenuta dei conti e compromettono “…la più grande operazione di razionalizzazione del sistema previdenziale pubblico …”. Per questo ha chiesto ai ministeri vigilanti d’intervenire con ogni utile iniziativa.

La Corte dei conti aveva già lanciato l’allarme rispetto al bilancio di chiusura 2011 dell’INPDAP, che presentava un patrimonio netto in passivo di oltre 15 miliardi di Euro, mentre nel bilancio preventivo 2013 dell’INPS il passivo della gestione ex INPDAP è arrivato alla preoccupante cifra di 23,7 miliardi di Euro. Di questo passo, il patrimonio netto dell’INPS sarà esaurito in poco tempo.

USB si è opposta da subito all’integrazione dei due maggiori enti previdenziali, perché funzionale al disegno di smantellamento del sistema previdenziale pubblico, avviato con la Riforma Dini del 1995 e perfezionato nel tempo, da ultimo con la Riforma delle pensioni targata Monti-Fornero.

L’accorpamento dell’INPDAP con l’INPS non è utile a rilanciare la previdenza pubblica ma semmai ad affossarla. Si sono voluti scaricare sull’INPS i debiti delle amministrazioni statali. Il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego e il contemporaneo incremento del numero di pensioni, insieme ai mancati trasferimenti statali, hanno prodotto un passivo della gestione INPDAP che ora pesa sui conti INPS. Oltre a finanziare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese private, il Governo dovrebbe finanziare il pagamento dei debiti tra pubbliche amministrazioni.

Per rilanciare la previdenza pubblica, per impedire che l’INPS si trasformi in un ente assistenziale che eroghi in prevalenza assegni pensionistici da fame, per cancellare il sistema contributivo di calcolo delle pensioni,  per restituire servizi ai cittadini, USB annuncia la proclamazione dello sciopero dei lavoratori dell’INPS. Saranno gli operatori della previdenza a dire al Paese che se non si mette mano al sistema previdenziale pubblico i poveri nell’età della vecchiaia in futuro aumenteranno in modo drammatico.

Roma, 12 aprile 2013                  (24/13)             USB Pubblico Impiego INPS

Ed ora la FIOM torna all’ovile!




Ed ora la FIOM torna all’ovile!
Dopo il patto tra produttori
arriva il patto tra concertatori?

Che la Fiom, nonostante i tentativi di camuffarsi da ala sinistra della CGIL promuovendo manifestazioni nazionali come quella del 18 maggio prossimo, fosse pienamente e strutturalmente all’interno della logica di subordinazione propria della sua confederazione, era chiaro a tutti coloro i quali in questi anni hanno guardato all’operato del sindacato guidato da Landini sulla base dei fatti concreti, fuori da ogni impostazione politica o ideologica.
Ora non può più sfuggire a nessuno la natura dell’ultima proposta partorita dalla FIOM e rivolta a FIM e UILM, per il ripristino di un patto di solidarietà, dalla stessa FIOM disdetto nel 2009, che vede al primo punto la riproposizione della riserva del 33% nelle elezioni delle RSU per concedere eletti anche a chi non ha ricevuti voti.
Davvero un’idea che rispecchia in pieno la domanda di partecipazione, di democrazia reale, di sburocratizzazione, che viene dai lavoratori, dai giovani, dai precari, alla faccia del criterio una testa un voto!
Ma il vero scopo di queste avances viene fuori andando a leggere gli altri punti del patto: iniziativa comune verso Federmeccanica per il riconoscimento dei diritti e delle agibilità alla FIOM, in cambio delle quali quest’ultima si impegna a ritirare tutte le azioni giudiziarie in corso e condizione “ per la possibile costruzione di un corretto clima di relazioni…anche nello spirito e nell’ambito di quanto previsto dall’accordo interconfederale del 28 Giugno 2011” a suo tempo firmato dalla CGIL e criticato dalla FIOM.
Lo stesso accordo che prevede lo svuotamento dei contratti nazionali attraverso un mondo di deroghe, la defiscalizzazione/decontribuzione del salario di produttività in base a parametri per nulla oggettivi, lasciata alla valutazione soggettiva dell’azienda libera d’imporre aumenti degli orari e dei carichi di lavoro e cioè del maggiore sfruttamento di sempre meno lavoratori, come ha dimostrato tutta la vicenda FIAT/Marchionne, seguita poi da tante altre aziende.
Un bel passo in avanti non c’è dubbio che ben si inserisce nella proposta del Patto tra Produttori avanzata da Confindustria e ben accolta dalla troika di casa nostra, Camusso/Bonanni/Angeletti.
Ritorna sotto altre vesti la concertazione, ci risiamo con gli aiuti all’impresa, ci risiamo con la politica dei redditi.
Ma quanto ancora dovremo pagare per dare ossigeno ad una masnada di prenditori che solo negli ultimi 20 anni, in accordo con tutti i governi e con CGIL CISL UIL ha prodotto deindustrializzazione, privatizzazioni, precarietà, licenziamenti, disoccupazione, distruzione dei servizi sociali, impoverimento generale.
Roma, 17 aprile 2013
Fino a quando glielo permetteremo?
Unione Sindacale di Base Lavoro Privato

sabato 13 aprile 2013

Governassimo CGIL CISL UIL Confindustria? No grazie.

Sabato 13 Aprile 2013 12:12
Intervista di Giorgio Cremaschi a Fabio Sebastiani
Cosa pensi della nuova ipotesi di patto sociale tra sindacati e Confindustria?
E’ una sorta di governissimo del ceto burocratico sindacale. Una mossa che porta allo scoperto la crisi di rappresentanza, di consenso e di iniziativa di queste organizzazioni. Mi pare che che cerchino di sorreggersi l’una con l’altra. (...)  continua

venerdì 12 aprile 2013

Quando la FIOM fa come Marchionne…




La FIOM si lamenta quando viene messa alla porta da Marchionne, ma poi in tanti luoghi di lavoro è la prima ad accordarsi con il padrone per cacciare i sindacati che possono dare fastidio.
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INCONTRO CON IL COMMISSARIO PER LE BONIFICHE ING. ALFIO PINI


10 Aprile 2013
Report INCONTRO CON IL COMMISSARIO PER LE BONIFICHE ING. ALFIO PINI
Presenti all’incontro:
Ing. Alfio Pini (Commissario per le bonifiche)
Dott. Antonio Strambaci (soggetto Attuatore per gli interventi individuati dal protocollo)
Ing. Alberto Maiolo
Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti
Comitato Donne per Taranto
L’incontro si è svolto presso l’ufficio del Comandante dei Vigili del Fuoco, Comando Provinciale VV.F. di
Taranto.
Dopo le prime presentazioni, è subito resa chiara la posizione del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e
Pensanti sulla questione delle bonifiche: qualunque intervento di bonifica sul territorio tarantino perde la sua
utilità nel momento in cui la fonte inquinante continua ad inquinare. Sulla stessa linea, il Comitato Donne per
Taranto.
L’Ing. Pini inizia a spiegare in cosa consiste, in linea generale, il lavoro che dovrà svolgere la cosiddetta “Cabina di regia” per il coordinamento del “Protocollo d’intesa per interventi urgenti di bonifica ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto”, il cui lavoro è basato sulle disposizioni ricevute. Tali disposizioni, sono ovviamente strettamente collegate all’AIA, che stabilisce le prescrizioni da rispettare da parte dell’Ilva. Secondo l’Ing. Pini il lavoro attuato dalla Commissione, i cui risultati verranno valutati alla fine, si avvarrà delle migliori tecnologie disponibili.
A tal proposito il Comitato Donne per Taranto, premettendo che non si tratta affatto delle migliori tecnologie
in assoluto, sottolinea la necessità di valutare in primo luogo l’emergenza sanitaria e fare in modo che tutto ciò che si farà per la città di Taranto faccia cessare malattia e morte.
In risposta, l’Ing. Pini dichiara che il suo ruolo prevede unicamente l’intercettazione dell’inquinamento e, di
conseguenza, l’assicurarsi che il livello tollerabile previsto dall’AIA sia rispettato dall’Ilva. Nel contempo, altre strutture stanno valutando e valuteranno l’inquinamento prodotto dalle altre attività quali ENI, Cementir,
Marina Militare ecc., attività dunque già sotto il controllo della legge. E’ necessario capire, soprattutto, il livello d’inquinamento subdolo, ossia quello che riguarda soprattutto la terra e l’acqua.
Il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti dichiara che gli impianti Ilva sono obsoleti e che sono stati addirittura scartati dall’America 60 anni fa. Se si deve parlare veramente di bonifiche è imprescindibile la
chiusura dell’area a caldo della fabbrica.
Il Comitato Donne per Taranto è d’accordo e a tal proposito invita la “Cabina di regia” ad occuparsi di
ricercare, nel caso in cui ancora non lo avessero davvero capito, chi ha inquinato e continua ad inquinare, sulla base del principio indiscutibile che “CHI INQUINA PAGA”. Invitano, inoltre, a coinvolgere maggiormente la popolazione tarantina evitando “incontri al chiuso” come quella di questa sera. Il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, inoltre, invita l’Ing. Pini ad una sorta di assemblea pubblica in piazza per spiegare alla cittadinanza le stesse cose comunicate ai rappresentanti della varie associazioni, comitati e movimenti tarantini. Dal punto di vista dell’Ingegnere, fermo restando che tutta la documentazione è presente su internet, sarebbe impossibile farlo in quanto il suo è un punto di vista puramente tecnico e probabilmente la cittadinanza Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti porrà domande “politiche” e vorrà risposte dello stesso valore. Entrambi i comitati presenti nella stanza non sono d’accordo.
L’Ing. Pini comunica che l’indomani a Bari si svolgerà una conferenza stampa riguardo l’incontro, svoltosi in
mattinata, della “Cabina di regia”. Entrambi i comitati richiedono che d’ora in poi tutto ciò che riguarda Taranto si svolga a Taranto.
Proprio a riguardo dell’incontro della “Cabina di regia”, l’Ing. Pini dichiara che è stato definito come riuscire a verificare se sia ancora in atto o meno un inquinamento proveniente da falde e corsi d’acqua, in modo da
stabilire il flusso inquinante nel sottosuolo. Si tratta di uno studio inedito per la città di Taranto e che partirà nei prossimi giorni ad opera dell’ARPA.
Per quanto riguarda il quartiere Tamburi, l’ufficio del Commissario ha deciso che in primis, con gli oltre 8
milioni di euro stanziati, si interverrà proprio sulle 5 scuole della zona. Inevitabile è la reazione del Comitati
presenti, che rimarcano quanto possa rivelarsi uno spreco di denaro la bonifica di una zona soggetta
continuamente alle emissioni di una fonte inquinante che non mostra intenzioni di cambiamento. Qualche
momento di tensione turba la conversazione, in quanto la parola “spreco” viene volutamente travisata ed è
inevitabilmente intuibile l’intenzione, da parte di qualcuno, di voler portare i comitati a dichiarare che spendere denaro pubblico per i Tamburi è uno spreco. E’ evidente, invece, che di spreco si tratta esclusivamente nel momento in cui non si fa nulla per impedire alle fabbriche e alle aziende di continuare ad inquinare a favore del proprio rientro economico ma a discapito della salute dei tarantini.
L’Ing. Pini si dichiara consapevole della questione e teoricamente d’accordo sul fatto che la fonte inquinante
debba smettere di inquinare ma, non essendo lui stato dotato delle risorse per chiudere l’Ilva, è fermamente
convinto del fatto che bisogna pur cominciare da qualcosa, e quel qualcosa sono proprio le scuole dei Tamburi e il controllo del rispetto dell’AIA da parte dell’Ilva. I Comitati ribadiscono il loro totale disaccordo con l’AIA, ritenuta sbagliata e, nonostante la decisione della Consulta, anticostituzionale.
Ad una richiesta di tempistica sul ritorno delle polveri dopo i lavori di bonifica, l’Ingegnere risponde con una
media di cinque anni. Tempo che, secondo entrambi i comitati, è addirittura eccessivo.
Parlando in cifre, oltre agli oltre 8 milioni di euro per il quartiere Tamburi, Taranto avrà:
• 21 milioni di euro per il Mar Piccolo;
• 31 milioni d euro per l’area ex P.I.P. di Statte
a cui si aggiungono altre somme di denaro stanziate a seguito del dl 129. In totale circa 110 milioni di euro. Da ricordare che l’intervento per i Tamburi era già stato deciso circa dieci anni fa dalla Regione Puglia.
Considerando anche questo abbandono di progetti importanti, se non si riparte adesso da qualcosa, i Tamburi rischiano di rimanere definitivamente allo stato attuale.
Il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti chiede chiarimenti su chi faccia effettivamente parte della
famosa “Cabina di regia”. L’Ing. Pini e il Dott. Strambaci comunicheranno i nomi al prossimo incontro (ossia
tra 15 giorni) ma intanto anticipano che di tale gruppo di coordinamento fanno parte:
• Ministero dell’Ambiente;
• Ministero dell’Industria;
• Ministero dello Sviluppo Economico;
• Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
• Regione Puglia;
• Provincia di Taranto;
• Comune di Taranto;
• Comune di Statte;
• Commissario straordinario.

Il Dott. Strambaci, sottolineando che gli interventi di bonifica non possono sicuramente prescindere dalla
risoluzione del problema Ilva, invita a guardare anche il lato positivo della faccenda, ossia il fatto che siano stati finalmente rimessi in ballo progetti su cui lavorare e che non sono mai stati considerati in tutti questi anni.
Ritornando alla questione Tamburi, l’Ing. Pini comunica che il Comune di Taranto ha chiesto un mese di tempo per presentare il progetto per la caratterizzazione di 3 scuole del quartiere, in quanto due sono già state caratterizzate. Tra un mese, quindi, saranno in grado di far partire la gara d’appalto per la rimozione del terreno.
Il progetto per le scuole dei Tamburi vede fondamentalmente 3 passaggi:
• BONIFICA
• RIQUALIFICAZIONE
• RISANAMENTO
di quello che è un SISTEMA GENERALE. In breve, si tratta di:
• rimuovere il terreno inquinato;
• effettuare la messa in sicurezza dell’edificio che dovrà essere a norma, dunque si parla anche di
eliminazione delle barriere architettoniche ed installazione di ascensori;
• ristrutturare tutte le scuole anche da un punto di vista energetico (vedi: isolamenti termici e copertura
delle pareti).
Riguardo i lavori di bonifica, riqualificazione e risanamento, il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti chiede se potranno essere impiegati i tarantini e/o le aziende tarantine.
Il Dott. Strambaci risponde che tutto avverrà tramite gare d’appalto (presumibilmente tra almeno un mese) e
per legge non si può territorialmente limitare la partecipazione alle stesse. Apre una parentesi, inoltre,
sull’attivazione di un bando in scadenza il 26 aprile che prevede lo stanziamento di 70 milioni di euro per le
aziende di Taranto, riguardo la green economy e l’occupazione giovanile.
Per quanto riguarda le risorse stanziate per Statte, si precisa che non comprenderanno l’area ex CEMERAD ma esclusivamente l’area ex P.I.P. . Il Comune di Statte ha già presentato il progetto di caratterizzazione dell’area che, a questo punto, deve essere solo approvato e validato.
Per quanto riguarda il Mar Piccolo, alla riunione della “Cabina di regia” avvenuta in mattinata c’è stata una lunga discussione in quanto si intende verificare, prima di procedere alla rimozione dei fondali, se è ancora in atto qualche forma di inquinamento. L’Arpa dovrà fornire entro 6 mesi dati approfonditi sulle fonti inquinanti e dichiarare se la mobilità delle acque sottostanti produca inquinamento, nonché quali possono essere le soluzioni per apportare migliorie. E’ necessario applicare le corrette tecnologie e ricordare che i fondi a disposizione sono assolutamente da impegnare entro il 31 Dicembre corrente anno.
L’Ing. Pini afferma che qualunque materiale di ricerca, chiaramente autentico, fornito a loro dai comitati e
associazioni di Taranto verrà preso in considerazione e, anzi, si richiede proprio una collaborazione attiva.
In conclusione, essendo tutti d’accordo sul concetto indiscutibile del “CHI INQUINA PAGA”, il Dott.
Strambaci e l’Ing. Pini dichiarano che questo sta già parzialmente avvenendo, in quanto il lavoro del
Commissariato per le bonifiche viene, giustappunto, da parte dello Stato che sta pagando l’inquinamento
prodotto fino al 1995 da parte dell’Italsider. Portando come esempio la totale assunzione di responsabilità dei fatti da parte di Costa Crociere per il disastro ambientale causato all’Isola del Giglio dalla Concordia (nota: 500 milioni di euro stanziati totalmente da Costa), ci si augura che anche l’Ilva paghi la sua parte.

Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti
Website: http://liberiepensanti.altervista.org
E-mail: comitatocittadinioperaitaranto@gmail.com
Facebook: CittadiniELavoratoriLiberiEPensanti
Twitter: https://twitter.com/LiberiePensanti
Youtube: http://www.youtube.com/user/CittadiniLavoratori

«No, non fu una rivoluzione quella della Thatcher. E continua a dare i suoi frutti marci»



Intervista a Giorgio Cremaschi che, nel 1985, portò la solidarietà della Fiom ai minatori gallesi


Giorgio Cremaschi nel 1985 ero segretario della Fiom Brescia. Inizia subito a raccontare i ricordi che fluiscono da quando s'è sparsa la notizia della morte di Margaret Thatcher. «In quell'anno, per alcune settimane, partecipai a una delegazione di sindacalisti che andò a Mardy per portare aiuti a quel piccolo villaggio dove c'era l'ultimo pozzo minerario. Prima di arrivare lì facemmo una colletta radunando tutti i soldi che avevamo, rinunciando a qualsiasi souvenir per fare una colletta.
Erano tutti in sciopero, il villaggio viveva in autogestione. E viveva di solidarietà. Vissi ospite di una famiglia di minatori con cui avevo un rapporto bellissimo. Ricorderò sempre l'odio profondo di quella famiglia per la signora Thatcher che li affamava. Ricordo un'altra cosa di quella “rivoluzione"conservatrice: prima di arrivare nel Galles fummo ricevuti nella sede delle Trade Unions a Birmingham dove ci fu un rinfresco, come si usa. Ci colpì, a noi che venivamo dall'Italia, che alla fine del rinfresco passasse un sindacalista a raccogliere i salatini avanzati. Furono anni terribili di fame e in Grecia, quasi trent'anni dopo, avrei rivisto la stessa miseria».
Cremaschi, storico leader dei metalmeccanici, non ha dubbi: «la signora Thatcher è stata una criminale dell'umanità. E i suoi crimini non si sono esauriti, si perpetuano grazie al relativo successo per i ricchi delle politiche liberiste che fanno sì che quelle misure vengano ripetute. 
La Thatcher è la leader del capitalismo che, dopo i dittatori fascisti, ha fatto più male ai diritti dei lavoratori e anche ai diritti civili. Infatti fu lei a definire criminale Bobby Sands e a lasciarlo morire con altri prigionieri
politici dell'Ira».
Hai ragione, era anche omofoba. Nel terzo mandato promulgò perfino una legge che rendeva un reato parlare nelle scuole, in qualsiasi modo che non fosse negativo, di omosessualità. Però c'è chi insiste a definirla una rivoluzionaria.
La sua è una cultura reazionaria populista che ha fatto sì che la Thatcher diventasse simbolo di un progetto reazionario. No, non vedo nessuna rivoluzione. E' una controrivoluzione, e continua a dare suoi frutti marci.
Secondo te perché vinse?
Perché era brava, scelse il momento giusto, usò la crisi delle miniere per colpire direttamente l'organizzazione sindacale. Non bisogna dimenticare la sua capacità di organizzare una reazione di massa. In qualsiasi altro paese europeo sarebbe stata attuata con forme fasciste. In Sudamerica, l'esempio più vicino fu Pinochet, che agì ancor prima di lei.
E perché in Gran Bretagna non accadde in quelle forme?
Per la tradizione liberale più forte, lunga un paio di secoli, una forma flessibile della democrazia. 
Nella cultura politica di quel paese sarebbe stato difficile scalzarla come sarebbe avvenuto in paesi con una democrazia liberale più giovane.
Fu comunque piuttosto disinvolta nei riguardi di regimi come quello di Pinochet, suo alleato contro l'Argentina nelle Malvinas, e nei riguardi del diritto internazionale: fece affindare un incrociatore nemico, il Belgrano, fuori dal limite della zona di guerra. Fu feroce dentro e fuori i confini britannici.
Sì, la Thatcher stabilì una legge che rendeva illegale lo sciopero, che vietava gli scioperi di solidarietà, che faceva andare in galera i sindacalisti. Ancora adesso, lo sciopero in Gran Bretagna è ammesso solo nella tua azienda. Centinaia di migliaia di poliziotti furono attivati in uno scontro di classe vinto dal più forte, ma fu vinto con l'uso della polizia, di leggi speciali, deportazioni di massa dei minatori in prigioni speciali, con l'organizzazione del crumiraggio, con l'uso dei servizi segreti per spiare i sindacalisti (usò Echelon per spiare perfino due ministri di cui non si fidava, ndr), li trattava alla stregua di spie libiche o, appunto, argentine. Si trattò di una brutale guerra di classe, anche le collette erano vietate e i fondi venivano sequestrati.
Qual'è la sua eredità?
Quella violenza inaudita che travolse il movimento sindacale inglese, quella guerra contro il suo popolo ha come unico paragone, come eredità vera, solo le politiche di austerità, le guerre che tutti i governi europei stanno conducendo ora contro i rispettivi popoli. Dire che grazie a quella politica, come dicono alcuni anche a “sinistra", ci fu una crescita economica della Gran Bretagna, fondata sulla finanza e la speculazione vuol dire che la Thatcher è all'origine della crisi attuale, è la responsabile della crisi economica mondiale. 
Per tutti quegli esponenti politici che oggi dicono che in fondo ha fatto anche delle cose buone, vale lo stesso giudizio che si dà a chi dice lo stesso a proposito di Mussolini e il fascismo. Ma guarda bene che il suo migliore seguace è stato il “laburista" Blair mica il conservatore Cameron.
Cosa mancò alla sinistra inglese ed europea, a quel sindacato, per contrastarla?
Il sindacato europeo non capì il senso della svolta, volle pensare che la sconfitta era dovuta all'estremismo dei minatori come la sconfitta alla Fiat, qualche anno prima, sarebbe dipesa dall'estremismo dei metalmecccanici di Torino. Non si capì la svolta reazionaria, l'abbandonno unilaterale del compromesso sociale e che il capitalismo aveva scelto di tornare alle sue ragioni brutali. Si preferiva pensare “però questi minatori stanno esagerando". Non faccio nomi, ma ricordo molte discussione in Cgil dove si paragonava la situazione inglese ai 35 giorni del 1980 a Mirafiori. C'era la paura dell'inizio dell'attacco allo stato sociale e la paura della reazione, come avviene spesso, ti faceva negare la realtà. La Thatcher non fu compresa come sarebbe avvenuto molti anni dopo a Pomigliano. Ora lo vediamo col milione di disoccupati quello
che si preparava. Ci fu una grandissima solidarietà da tutta Europa ma non bastò a capire che era l'inizio della controrivoluzione sociale. Una colpa che paghiamo ancora.
Come funzionava la vita quotidiana in quel villaggio?
Le mogli stavano a casa e gli uomini si organizzavano per fare i picchetti, per bloccare il carbone, fare assemblee. Con noi c'era il corrispondente dell'Unità a Londra, Antonio Bronda. Beh, era un “migliorista" (la corrente di destra del Pci, quella di Lama e Napolitano, ndr) ma quei giorni visse con noi, ascoltò le confessioni dei minatori gallesi, il loro “odio" per gli inglesi. Alla fine era commosso ed era diventato un ultrà filominatori.

domenica 7 aprile 2013

Oltre un milione di licenziamenti nel 2012, +14%




Oltre un milione di licenziamenti nel 2012, +14%

Nel solo ultimo trimestre sono stati 329.259 per un aumento del 15,1% sullo stesso periodo 2011

ANSA, 07 aprile, 15:55

Nell'arco del 2012 i licenziamenti hanno superato quota un milione (1.027.462), con un aumento del 13,9% rispetto al 2011 (quando sono stati 901.796). E' quanto si evince dal sistema delle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro.  Nel solo ultimo trimestre sono stati 329.259 in un aumento del 15,1% sullo stesso periodo 2011.
Nell'intero 2012 sono stati attivati circa 10,2 milioni di rapporti di lavoro a fronte di quasi 10,4 milioni cessati, nel complesso, tra dimissioni, pensionamenti, scadenze di contratti e licenziamenti. I licenziamenti registrati nel periodo riguardano sia quelli collettivi, sia quelli individuali (per giusta causa, per giustificato motivo oggettivo o soggettivo). Tornando al quarto trimestre del 2012, le nuove assunzioni (in termini di rapporti di lavoro attivati, dipendenti o parasubordinati) sono state oltre 2,2 milioni (2.269.764), con un calo del 5,8% rispetto allo stesso trimestre del 2011. Assunzioni che corrispondono a poco più di 1,6 milioni (1.610.779) di lavoratori interessati, in ampio decremento: l'8,2% in meno rispetto al quarto trimestre del 2011, con valori negativi maggiori tra i giovani (-13,9% e -10,9% rispettivamente tra i 15-24enni e i 25-34enni). I lavoratori over-55, tra i 55 e i 64 anni registrano un leggero incremento (+0,4%), mentre più sostenuto è l'aumento, sempre rispetto allo stesso periodo dell'anno prima, degli ultrasessantacinquenni interessati da un nuovo rapporto di lavoro (+7,6%). Infine, sempre nel quarto trimestre del 2012, in totale i rapporti di lavoro cessati sono stati poco più di 3,2 milioni (3.205.753), con una leggera diminuzione (-0,2%) rispetto al quarto trimestre 2011.

venerdì 5 aprile 2013

"Quanti omicidi d'austerità ancora per risanare i conti?"



di Giorgio Cremaschi

Primo Piano 5.4.2013 – www.rete28aprile.it

Romeo, Annamaria e Giuseppe si sono uccisi uno dopo l'altro a Civitanova  Marche.
Come per i morti sul lavoro, non c è alcuna tragica fatalità nella strage che  ha visto autodistruggersi una intera famiglia di sessantenni. Fanno bene i dirigenti della CGIL Marche a rompere il solito velo di ipocrisia che copre questa e le altre tragedie che si susseguono.
Questi tre poveri morti sono vittime delle controriforma Fornero delle pensioni. Si può dire tutto quello che si vuole, ma se il lavoratore non avesse subito quella terribile condizione di non avere né lavoro né pensione a 62 anni, una età per cui se perdi il lavoro per il mercato sei già morto. Se a questa sua condizione non si fosse sommata quella della pensione di fame della moglie, e se tutto questo non si collocasse nel massacro dell'austerità, non ci sarebbe stata la terribile catena di suicidi che oggi ci lascia una rabbia tanto profonda quanto impotente.
Quanti sono oramai gli omicidi dell'austerità nel nostro paese?
Il disoccupato di Trapani che si è impiccato con in mano la Costituzione, l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. O quello che si è dato fuoco davanti al parlamento. O l'ultimo piccolo imprenditore strangolato dalle banche che non ce l' ha fatta più.
Quanta gente dovrà morire ancora, prima che si capisca che le politiche di austerità sono assassine?
Abbiamo da poco commentato una ricerca della rivista medica Lancet, che ha misurato in Europa il rapporto tra tagli allo stato sociale e distruzione della salute dei cittadini.
Ci sono le patologie e   gli omicidi da austerità, come nella strage che colpisce il lavoro. Ma su questa almeno si aprono le inchieste e a volte, come alla Tyssen Krupp di Torino, ci sono persino condanne esemplari dei colpevoli.
Tuttavia, nonostante i processi, la strage del lavoro continua ed è proprio l'austerità che l'alimenta. Anche perché  la strage di austerità non rientra nel codice. Come per chi oggi provoca le vittime di guerra, essa gode di una assoluzione preventiva, non ha responsabili né colpevoli.
Quella della austerità è una guerra che i governi e le classi dirigenti conducono contro il proprio popolo. Una guerra umanitaria naturalmente, come tutte quelle che si fanno oggi. Una guerra con il supremo obiettivo di rendere nuovamente virtuosa e competitiva  l'economia e che inevitabilmente provoca danni collaterali. Che tutti i potenti deprecano e condannano, salvo poi continuare esattamente come prima.
Se si bombarda una città mirando alle opere militari, gli esperti sanno perfettamente calcolare quale sarà la percentuale minima inevitabile di vittime civili.
Se, per mantenere quel pareggio di bilancio a cui ci siamo impiccati obbedendo ai diktat della Troika europea, si devono tagliare spese per il lavoro, per le pensioni  e la sanità; se così si taglia, una percentuale definita di persone verrà brutalmente colpita nelle condizioni di vita, nella  salute e nella dignità. E una parte di esse non potrà reggere alla disperazione.
Si sa benissimo che accade e perché accade, ma si continua. Il codice ed il mercato assolvono preventivamente gli autori di questa criminalità economica.
Come diceva Charlie Chaplin in Monsieur Verdoux, se uccidi una persona sei un assassino, un milione sei uno statista.
Quanta gente ancora dovrà essere uccisa dalla austerità, prima che essa sia cancellata e condannata come socialmente e moralmente esecrabile e i suoi responsabili chiamati a risponderne?

giovedì 4 aprile 2013

RIAPRIAMO LE FABBRICHE

Interessantissimo documento realizzato da Liberatv con storie vere di lotta e di resistenza contro la chiusura di realtà produttive.
Il documentario è stato realizzato da Liberatv in vista del primo appuntamento nazionale previsto per sabato 6 Aprile ad Avellino.

Storie simili a quelle vissute nella nostra provincia
C'è molto da imparare anche e soprattutto perchè no, imitare ?
Questo il link del documentario
http://www.libera.tv/videos/4391/riapriamo-le-fabriche---interviste-operaie

Fabbriche chiuse senza motivo, piani industriali inesistenti, la finanza e la speculazione che si mangia la produzione ne abbiamo parlato con i rappresentanti di alcune delle più significative realtà di resistenza operaia. Dalla Irisbus alla Ginori, dalla Fiat alla RiMaflow gli operai non si arrendono e rilanciano la loro sfida. Sullo sfondo la necessità di unificare le lotte. 
L'appuntamento di sabato 6 aprile ad Avellino sarà una prima tappa.

mercoledì 3 aprile 2013

AIA, ovvero autorizzazione all'inquinamento ambientale?







Mercoledì 10 aprile  ore 18 libreria Ubik Savona

AIA, ovvero autorizzazione all'inquinamento ambientale?

Aspetti tecnici e ricadute sulla salute dell’autorizzazione all’ampliamento della centrale a carbone di Savona.

Discutiamone con i consulenti tecnici

MARCO CALDIROLI e DARIO MIEDICO

di Medicina Democratica Movimento di Lotta per la tutela della Salute.

Introduce MAURIZIO LOSCHI referente locale di MD

 


Il rilascio dell'AIA (impropriamente definita Transitoria per minimizzarne la pericolosità) alla costruzione di nuovi gruppi a  carbone nella Centrale Tirreno Power di Vado Ligure non solo è una provocazione rispetto al dettato legislativo nato con l’intento di tutelare al meglio i diritti di salute pubblica e l'ambiente, ma consentirà il permanere degli effetti devastanti in termini di inquinamento, malattie, morti premature legati da decenni agli impianti di combustione del carbone.

I tecnici di Medicina Democratica, Movimento di Lotta per la Salute, Marco Caldiroli,  già consulente del Comune di Vado per la procedura di AIA relativa ai gruppi esistenti, ed il dr. Dario Miedico, Medico Legale ed Epidemiologo già consulente in diversi procedimenti legali contro aziende inquinanti, si confronteranno con la popolazione per individuare collettivamente strumenti e modalità di lotta per ridurre i pesanti impatti ambientali esistenti, evitarne di nuovi ed imporre la fuoriuscita dalla produzione di energia tramite la combustione delle sostanze fossili.
Per informazioni e adesioni: www.medicinademocratica.org