sabato 25 febbraio 2012

Savona, Primo Marzo 2012,Iindistria e Territorio Uniti Nella Lotta

La crisi occupazionale in atto da tempo nella provincia di Savona si innesta in una più generale crisi occupazionale e strategica dell’intero paese e di essa incarna le caratteristiche scatenanti.
Questa crisi determina chiusure di realtà produttive,delocalizzazioni,  precarizzazione del lavoro ma garantisce la speculazione finanziaria e la rincorsa del massimo profitto nel breve termine.
Le dimensioni della crisi occupazionale della nostra provincia, ormai in atto da anni, imponevano da tempo la promozione di una mobilitazione generalizzata per raccogliere i lavoratori delle singole aziende intorno ad una comune vertenza : Il lavoro come esigenza primaria e ineludibile.
L'unificazione di queste lotte, tuttavia, non è sufficiente se non è accompagnata da una piattaforma rivendicativa che incida sulle scelte politiche ed economiche che ne sono all'origine.
In una situazione occupazionale economico-sociale al collasso, in modo provocatorio e arrogante all’insegna dell’equità,Monti e suoi sostenitori, hanno già approvato l’aumento dell’età pensionabile, e stanno approvando la precarizzazione, l'abolizione dell’articolo 18,la flessibilità in uscita,la scomparsa della cassa integrazione straordinaria e in deroga,l’accorciamento della copertura fornita dagli ammortizzatori sociali.
La mancata volontà di opporsi alle scelte governative e la condivisione delle sue politiche mina la credibilità e l'efficacia di questa mobilitazione.
La crisi in atto in provincia non può essere utilizzata per veicolare e imporre al territorio progetti industriali e impianti più volte rifiutati(piattaforma Maerks, Tirreno Power, Aurelia Bis), che non costituiscono per nulla una risposta alla crisi in termini occupazionali e di prospettiva per il territorio.
La contrapposizione tra lavoro e ambiente non è una risposta; ma rischia di isolare i lavoratori dal resto della cittadinanza nel momento in cui,la gravità della situazione, imporrebbe una condivisione di obiettivi nella rivendicazione del diritto ad un lavoro stabile,sicuro e sano.


Aderendo allo sciopero ed alla manifestazione, riteniamo necessario che obiettivo del movimento sindacale diventi la rivendicazione al diritto ad un lavoro stabile, sicuro, salubre.
Tutto ciò è possibile sostituendo alla politica del pareggio di bilancio in costituzione con :
  • riconversioni produttive delle aziende in crisi,
  • investimenti nella tutela del territorio devastato,
  • investimenti nella salute e nell'istruzione,
  • recupero del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, salari minimi garantiti di cittadinanza ai disoccupati,
Mediante
  • la riduzioni/abolizione delle spese militari,
  • introduzione della patrimoniale,
  • lotta all'evasione ed elusione fiscale,
  • tassazione delle rendite finanziarie, facendo pagare la crisi ai ricchi che l'hanno creata.
Invitiamo i lavoratori e i cittadini a discutere con noi di questi temi
partecipando ad un'assemblea aperta
alle ore 15.00 presso i locali della SOMS Pace & Lavoro Di Vado Via Piave n° 118
per discutere modalità ed obiettivi per dare continuità alla mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici
Per essere protagonisti della rivendicazione
di un lavoro stabile, sicuro, salubre come diritto

martedì 14 febbraio 2012

Fregate, sottomarini e caccia. Quelle pressioni di Merkel e Sarkò per ottenere commesse


Corriere della Sera Lunedì 13 Febbraio 2012

I greci sono alla fame, ma hanno gli arsenali bellici pieni. E continuano a
comprare armi. Quest'anno bruceranno il tre per cento del Pil (prodotto interno
lordo) in spese militari. Solo gli Stati Uniti, in proporzione, si possono
permettere tanto. Ma cosa spinge Atene a sperperare montagne di soldi? La paura
dei turchi? No, è l'ingordigia della Merkel e di Sarkozy. I due leader europei
mettono da mesi il governo greco con le spalle al muro: se volete gli aiuti, se
volete rimanere nell'euro, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre
belle navi da guerra. Le pressioni di Berlino sul governo di Atene per vendere
armi sono state denunciate nei giorni scorsi da una stampa tedesca allibita per
il cinismo della Merkel, che impone tagli e sacrifici ai cittadini ellenici e
poi pretende di favorire l'industria bellica della Germania.

Fino al 2009 i rapporti fra Atene e Berlino andavano a gonfie vele, il governo
greco era presieduto da Kostas Karamanlis (centrodestra), grande amico della
Merkel. Gli anni di Karamanlis sono stati una vera manna per la Germania. «In
quel periodo - ha calcolato una rivista specializzata - i produttori di armi
tedeschi hanno guadagnato una fortuna». Una delle commesse di Atene riguardò
170 panzer Leopard, costati 1,7 miliardi di euro, e 223 cannoni dismessi dalla
Bundeswehr, la Difesa tedesca.

Nel 2008 i capi della Nato osservavano meravigliati le pazze spese in
armamenti che facevano balzare la Grecia al quinto posto nel mondo come nazione
importatrice di strumenti bellici.

Prima di concludere il suo mandato di premier, Karamanlis fece un ultimo
regalo ai tedeschi, ordinò 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp.
Il successore, George Papandreou, socialista, si è sempre rifiutato di farseli
consegnare.

Voleva risparmiare una spesa mostruosa. Ma Berlino insisteva. Allora il leader
greco ha trovato una scusa per dire no. Ha fatto svolgere una perizia tecnica
dai suoi ufficiali della Marina, i quali hanno sentenziato che quei sottomarini
non reggono il mare.

Ma la verità, ha tuonato il vice di Papandreou, Teodor Pangalos, è che «ci
vogliono imporre altre armi, ma noi non ne abbiamo bisogno». Gli ha dato
ragione il ministro turco Egemen Bagis che, in un'intervista allo Herald
Tribune, ha detto chiaro e tondo: «I sottomarini della Germania e della Francia
non servono né ad Atene né ad Ankara».

Tuttavia, Papandreou, alla disperata ricerca di fondi internazionali, non ha
potuto dire di no a tutto. L'estate scorsa il Wall Street Journal rivelava che
Berlino e Parigi avevano preteso l'acquisto di armamenti come condizione per
approvare il piano di salvataggio della Grecia.

E così il leader di Atene si è dovuto piegare. A marzo scorso dalla Germania
ha ottenuto uno sconto, invece dei 4 sottomarini ne ha acquistati 2 al prezzo
di 1,3 miliardi di euro. Ha dovuto prendere anche 223 carri armati Leopard II
per 403 milioni di euro, arricchendo l'industria tedesca a spese dei poveri
greci. Un guadagno immorale, secondo il leader dei Verdi tedeschi Daniel Cohn-
Bendit.

Papandreou ha dovuto pagare pegno anche a Sarkozy. Durante una visita a Parigi
nel maggio scorso ha firmato un accordo per la fornitura di 6 fregate e 15
elicotteri. Costo: 4 miliardi di euro. Più motovedette per 400 milioni di euro.
Alla fine la Merkel è riuscita a liberarsi di Papandreou, sostituito dal più
docile Papademos. E i programmi militari ripartono: si progetta di acquisire 60
caccia intercettori. I budget sono subito lievitati. Per il 2012 la Grecia
prevede una spesa militare superiore ai 7 miliardi di euro, il 18,2 per cento
in più rispetto al 2011, il tre per cento del Pil. L'Italia è ferma a meno
dello 0,9 per cento del Pil.

Siccome i pagamenti sono diluiti negli anni, se la Grecia fallisce, addio
soldi. Ma un portavoce della Merkel è sicuro che «il governo Papademos
rispetterà gli impegni».

Chissà se li rispetterà anche il Portogallo, altro Paese con l'acqua alla gola e al quale
Germania e Francia stanno Fregate, sottomarini e caccia Quelle pressioni di Merkel e Sarkò per ottenere commesse imponendo la stessa ricetta: acquisto di armi in cambio di aiuti.

I produttori di armamenti hanno bisogno del forte sostegno dei governi dei
propri Paesi per vendere la loro merce. E i governi fanno pressione sui
possibili acquirenti. Così nel mondo le spese militari crescono paurosamente:
nel 2011 hanno raggiunto i 1800 miliardi di dollari, il 50 per cento in più
rispetto al 2001.

venerdì 10 febbraio 2012

Il no della Grecia per salvare l’Europa


di Giorgio Cremaschi
Dobbiamo solo sperare che il popolo greco riesca a far passare il suo no nelle istituzioni commissariata che lo governano. Il no dei greci al nuovo diktat europeo salverebbe tutta l’Europa dalla svendita e dal massacro sociale.
Il nuovo diktat della “troika”, cioè del gruppo di potere finanziario e politico che governa oggi l’Europa, impone un’altra strage di diritti a un popolo provato da due anni di cure della Bce e del Fondo monetario internazionale. Ora vogliono cancellare la tredicesima, ridurre ulteriormente il salario minimo, che è già a 700 euro mensili, tagliare ancora le pensioni e la sanità pubblica, oramai inesistente, licenziare 180.000 dipendenti pubblici.
Non ci sono parole per esprimere il disgusto e l’indignazione per coloro che stanno distruggendo la civiltà di un paese. Eppure in Italia  tutto questo viene presentato come un sacrificio necessario per salvare l’Europa e si spera che i greci si suicidino amorevolmente per farci un favore.
Il governo delle banche è oggi sostenuto da una maggioranza parlamentare  bipartisan in cui ci sono persino i nostalgici della dittatura dei colonnelli, e questo non fa schifo all’Unione Europea che, quando si tratta di pagare le banche, va ben oltre i principi della democrazia.
Ora questo governo ha qualche difficoltà a votare in Parlamento questa nuova terribile aggressione al proprio popolo. Ma alla fine la casta politica cederà, se non ci sarà una rivolta sufficiente a fermarla.
Per questo oggi dobbiamo essere uniti al popolo greco che lotta, che fa il suo ennesimo sciopero generale. E, soprattutto, dobbiamo convincerci che se loro ce la fanno a far saltare l’accordo infame proposto dal governo bancario d’Europa, aiutano anche noi, che ci avviamo con il governo Monti sulla loro stessa strada. Aiutano gli spagnoli, i portoghesi, aiutano anche i francesi e i tedeschi. Perché il diktat della Banca Europea, del Fondo monetario, della finanza e del capitalismo internazionale, stanno distruggendo la società e i diritti civili e democratici in tutto il continente. Se vogliamo fermare Merkel, Sarkozy e Monti in tutto il continente, dobbiamo sperare che la Grecia dica no. Se salta il ricatto lì, comincerà a scricchiolare in tutta Europa e finalmente potremmo cominciare a liberarci dal regime finanziario e burocratico che ci sta devastando.

Appello Occupyamo Piazza Affari

Appello nazionale per la manifestazione nazionale "Occupyamo Piazza Affari", del 17 marzo a Milano contro il governo Monti e le sue politiche antipopolari.
Le firme possono essere individuali (con accanto la qualifica) o anche collettive di organizzazioni politiche e sociali.
Aderisci all'appello

Occupyamo Piazza Affari

Contro le politiche antisociali del governo Monti
Per un diverso modello sociale ed economico fondato sul pubblico e sui beni comuni

Sono passati ormai tre mesi da quando il governo delle banche  e della finanza sostenuto dal centrodestra e dal centro sinistra è entrato in carica ed è continua la devastazione sociale a colpi di misure “ lacrime  e sangue”.
Nulla si fa davvero contro la precarietà crescente di milioni di persone. Anzi essa viene solo usata per colpire i pochi diritti rimasti nel mondo del lavoro. Per i migranti resta in vigore tutta la legislazione discriminatoria autoritaria e repressiva, fino alla vergognosa tassa per il permesso di soggiorno. E tutto questo rischia di essere solo l'inizio. Se verrà applicato il trattato europeo deciso dai governi Monti Merkel e Sarkozy tutto dovrà essere sacrificato sull'altare della riduzione del debito, del pareggio di bilancio.
Gli avvenimenti di questi ultimi anni hanno dimostrato che si è aperta una crisi di sistema da cui le classi dominanti non riescono ad uscire, e che ha portato alla individuazione di “medici” come Monti in Italia o Papademos in Grecia che in realtà non fanno che aggravare la malattia, che scaricano sui livelli di vita dei lavoratori e delle classi popolari il peso della iniqua redistribuzione del reddito, ed il conseguente peggioramento delle condizioni di vita di reddito e di diritti.
Vogliamo un'economia fondata sul pubblico, sui beni comuni, su un diverso modello sociale ed economico, che garantisca il diritto a sanità, servizi sociali e reddito per tutti, alternativo al super-sfruttamento delle persone e della natura, per dire no alle politiche di aggiustamento strutturale e di austerità dei governi italiani ed europei, e per rivendicare diritti sociali, reddito, lavoro dignitoso, beni comuni, libertà e democrazia, per impedire la chiusura delle industrie e per investimenti in tecnologia ed innovazione e lo sviluppo della ricerca sostenendo scuola pubblica e università.
Di fronte al dilagare della precarizzazione e della disoccupazione di massa che sta diventando il modello di riferimento europeo, le classi dominanti stanno mettendo in campo un uso sempre più accentuato delle forme di repressione allo scopo di intimorire e dividere il movimento di massa come abbiamo visto in questi giorni con i fermi legati alle manifestazioni in Val di Susa e l'uso  della forza pubblica contro  molte lotte operaie e di resistenza sociale.
Di fronte a tutto questo non c'è ancora in campo un'opposizione sociale e politica di massa, capace di incidere e contare.
Per questo c'è bisogno di unire tutte le lotte che, pur tra evidenti difficoltà, si stanno battendo su questa linea, dalla Argol di Fiumicino alla Vagon Lit di Milano, alla Alcoa di Portovesme, alla Fincantieri, alla Esselunga, alla Sicilia, alla Fiat e alle lotte dei migranti, oltre a tutte le mille realtà che stanno lottando.
Per questo proponiamo a tutte le forze organizzate e alle persone che dicono no a queste politiche rappresentate dal governo Monti, di promuovere insieme una grande manifestazione nazionale da tenersi a Milano il prossimo 17 marzo  
Facciamo appello alle lavoratrici e ai lavoratori ai giovani e alle donne, ai pensionati e ai migranti per farci sentire e per dar voce a chi non confonde il salvataggio dell'Italia con quello del profitto e del sistema. Vogliamo così esprimere la nostra solidarietà ed il nostro sostegno a tutti i popoli europei, schiacciati dalle politiche di austerità e dal liberismo e, in primo luogo al popolo greco sottomesso ad una tirannide finanziaria che sta distruggendo il paese.
Vi invitiamo a partecipare all'Assemblea Metropolitana del 21 febbraio alle ore 21,00 presso il liceo Carducci (via Beroldo 9 - MM2 Loreto) per organizzare insieme la manifestazione del 17 marzo a Milano.

mercoledì 8 febbraio 2012

F-35 in offerta speciale 3x2 . Prendi 3 paghi 2


Furio Mocco Mercoledì 8 Febbraio 2012
Ieri durante l’audizione alla Commissione Difesa della Camera il generale Claudio Debertolis ha annunciato che l’Italia ha ordinato i primi tre F-35 per un costo di 180,831,840.00 (cetootttantamilioni ottocentotrentunmila ottocentoquaranta) €  al prezzo di 80 milioni di dollari ad esemplare.
La fornitura avviene nonostante alcuni problemi tecnici denunciati per il modello F-35 B che coinvolgono la cellula e l'apparato propulsivo a causa dei quali si è accumulato un ritardo di due anni.
Nel corso della stessa audizione lo stesso generale Debertolis ha rassicurato tutti circa il costo delle future forniture che si prevedono pari a 55 milioni di dollari ad esemplare rispetto agli 80 milioni sborsati per i primi tre esemplari.
Poichè l’Italia ha deciso l’acquisto di ‘soli’ 131 esemplari di F-35(69 di tipo A e 62 di tipo B), i 129 esemplari rimanenti saranno aquistati ad un costo di ‘soli’  5,345,841,270.00 (cinquemiliardi trecentoquarantacinquemilioni ottocentoquarantunmila duecentosettanta) €
Ammesso che queste siano le risultanze finali, la fornitura totale ammonterebbe così a ‘soli’ 5,526,673,110.00 (cinquemiliardi cinquecentoventiseimilioni seicentosettantatremila centoundici) €.
La nostra commessa quindi gode di una sorta di offerta speciale 3x2 al pari di tanti Saldi di fine stagione.
Anche nel settore dell’armamento militare quindi si applicano le regole delle offerte speciali.
Si possono immaginare i cartelloni pubblicitari di questa offerta : ‘3 F-35 a prezzo di 2 solo x pochi giorni ! ’.
O ancora ... “F-35 ‘sotto’ ‘sotto costo”.... naturalmente con qualche difficoltà a far passare un F-35 sotto la cassa del supermercato....
Questo non è frose debito pubblico ? Perchè in questo caso queste spese non cubano sul nostro debito ? Perchè sul debito pesano solo le nostre pensioni o lo stato sociale ?
Facendo due calcoli con la cifra totale di 5,526,673,110.00 si finanziarebbero 8.000 interventi di un importo pari a 690.834 € ciscuno,uno per ogni comune italiano, finalizzato all’assesto idrogelogico del territorio.
Oppure si finanziarebbero altrettanti interventi per la manutenzione degli edifici scolastici pubblici.
Poichè il costo totale del proramma Joint Strike Fighter si attesterebbe intorno ai 15 miliardi di Euro, compresi quelli già spesi in fase di attivazione dal 2007, gli interventi di cui sopra potrebbero essere triplicati!
Dal programma Joint Strike Fighter è possible uscire se si vuole senza ulteriori penali
Ministro Di Paola, generale Claudio Debertolis,ci dite da chi ci dobbiamo difendere ?
Chi sta mettendo a rischio la sopravvivenza e l’incolumità fisica di milioni di cittadini italiani , chi sta colonizzando e schiavizzando il popolo italiano sono le politiche liberiste, liberticide e guerrafondaie che obbediscono ai dicktat dei potentati economico-finanziari europei ed internazionali.
I sostenitori di queste politiche usano “armi finanziarie di distruzione di massa” per opporsi alle quali non servono gli F-35 ma solo normali schede elettorali!