sabato 21 aprile 2012

Trascorri con noi il 1* Maggio ad Altare Località Lipiani Isola Grande


La struttura Altarese è dotata di ampio spazio coperto che permetto lo svolgimento dell'iniziativa anche in condizioni meteo non favorevoli 

Ci chiudono le fabbriche,
ci tolgono la Cassa Integrazione,
ci negano sia la pensione che il lavoro!
Come possiamo reagire?
PARLIAMONE INSIEME,
DAVANTI AD UNA BIRRA ED UN PANINO!
(È un problema comune ed insieme dobbiamo affrontarlo!)

Martedì 1° Maggio 2012
Merendino di solidarietà tra e con i lavoratori delle aziende savonesi in crisi

Area Picnic Isola Grande
Località Lipiani, Altare
dalle ore 10.00 alle ore 20.00

Puoi portare una salsiccia o una bottiglia di vino,
Puoi portare un salame o una frittata,
Puoi portare una bottiglia o due bistecche.
Porta ciò che vuoi
Ma soprattutto porta la tua rabbia

Metteremo tutto sul tavolo e ci scambieremo idee e panini, proposte e bevande, canzoni ed opinioni.

Per adesioni invia una e-mail a unitiallabase@gmail.it


Promuovono un gruppo di lavoratori della Cartiera Bormida di Murialdo
senza lavoro e senza stipendio da mesi.
prime adesioni:
Unitiallabase, CUB, ACU, AREVallebormida, Pagine Ribelli,
PRC Carcare-Altare, PCL Savona, IDV Liguria, Medicina Democratica Savona

Il debito di Di Paola



di Alberto Stefanelli e Piero Maestri (Guerre&Pace)
Il Consiglio dei ministri ha approvato le linee generali della riforma della Difesa: meno uomini e più armi perché "Kabul e Beirut sono più vicini di Capo Nord o del Lussemburgo"
Lo scorso 6 aprile il consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega per la “revisione dell’assetto strutturale e organizzativo della difesa” presentato dall’ammiraglio Di Paola, “tecnico” della guerra prestato al governo del paese. Obiettivo del provvedimento è quello di garantire nei prossimi anni alle Forze Armate risorse costanti – con la possibilità qualche maggiorazione, soprattutto per le missioni di guerra – per portare a termine i programmi di “rinnovamento tecnologico” e di armamenti.
Due le novità più rilevanti. In primo luogo, vista la “necessità di contenere i costi, a causa dell’attuale congiuntura economica e finanziaria”, la programmazione di una percentuale “stabile” della spesa per la “funzione difesa” dello 0,84 per cento del PIL, spostando progressivamente tali risorse (oggi secondo il ministero al 70% necessarie per il personale) verso l’operatività dello strumento militare e l’ammodernamento (leggi, riarmo) - con l’obiettivo di riequilibrare la spesa della Difesa, portando al 50 per cento quella per il personale ed al 25 per cento sia le spese per l’addestramento sia quelle per gli investimenti. In ogni caso l’articolo 4 del Ddl prevede che “al Ministero della Difesa” è “assicurato” per il riordino “e comunque fino al 2024 un flusso finanziario costante minimo annuo non inferiore a quanto previsto per il 2014” dall’ultima legge di bilancio (guarda caso nel 2014 sono previsti spese maggiori che nel 2012 e nel 2013... e stiamo parlando di 21 miliardi di euro, ben sapendo che lo stesso Sipri fornisce cifre superiori- 26 miliardi di Euro - per il meccanismo di “occultamento” di spese militari anche in altri capitoli di bilancio). E “le risorse recuperate” dalla riforma “sono destinate al riequilibrio dei principali settori di spesa della difesa.
Per garantire questo obiettivo e garantire crescenti risorse per il capitolo delle spese per gli armamenti, comunque presenti in altri capitoli del bilancio dello stato (come quello dello “sviluppo industriale) e quindi non calcolati in questi ingannevoli giochi delle tre carte dei “tecnici” (perché, come dichiara l’ammiraglio, questi armamenti sono “resi indispensabili dal rischio di terrorismo internazionale, la minaccia di proliferazione delle armi di distruzione di massa e l’instabilità di alcune aree del Mediterraneo e del Medio Oriente) - viene programmata una riduzione dei militari dagli attuali 180.000 a 150.000 entro il 2024. Un risultato da raggiungere anche con la riduzione di generali ed ammiragli “non inferiori al 30 per cento “ e a colonnelli e tenenti colonnelli “al 20 per cento”.
Per non turbare i sonni di questi signori, il disegno di legge si sofferma su tutti i meccanismi per garantire loro un futuro tranquillo (mica vorremo “esodarli” come semplici operai....): incremento del contingente annuo da collocare in ausiliaria; estensione a tutti dell’istituto dell’aspettativa per riduzione quadri, con il 95% di stipendio percepito a casa; estensione a tutti della riserva di posti per le assunzioni in altre amministrazioni pubbliche (prevedendone l’applicazione anche “per le assunzioni nelle aziende speciali e nelle istituzioni”, sic!), agevolazioni per il reinserimento nel lavoro dei volontari congedati (“senza demerito”, bontà loro...); concorsi straordinari per l’accesso a inquadramenti superiori; ripristino dell’esonero; collocazione nei ruoli civili della difesa (che dovrebbero allo stesso tempo diminuire del 33 per cento, dagli attuali 30.00 a 20.000, e sono quelli che più pagherebbero la “riforma”); “transito” verso posti delle altre amministrazioni pubbliche (“previo assenso dell’interessato, con l’obbligo per le citate amministrazioni di procedere, prima dell’attivazione delle procedure di mobilità previste... all’inquadramento del personale nelle aree funzionali... e con attribuzione, sotto forma di assegno ad personam riassorbibile con successivi miglioramenti economici, della differenza tra il trattamento economico percepito nell’amministrazione di provenienza e quello corrisposto dall’amministrazione di destinazione, da corrispondere con oneri a carico del Ministero della difesa”).
Ammettiamo che sentire un ministro di questo governo sostenere che “mi rendo conto di come il personale sia una risorsa primaria per ogni istituzione...pertanto, pur nell'ineludibilità e progressività temporale del provvedimento, ogni attenzione andrà riservata al personale per mitigarne per quanto possibile gli effetti”, suscita un misto di ilarità e di sonora incazzatura..
Insomma in tempi di precarietà e di piagnoni anelanti al posto fisso, ai poveri soldati si garantirebbero i posti più appetibili, un’integrazione economica nel caso il loro stipendio da militare sia superiore a quello del potenziale dipendente pubblico a cui sottrarranno il posto, aspettative ben pagate. Naturalmente tutto questo non rientrerà nelle previsioni di riforma del “mercato del lavoro” e degli ammortizzatori sociali. Una buona idea per le/i giovani disoccupate/i: arruolatevi, girerete il mondo, imparerete a uccidere, e comunque avrete il posto garantito...
Al Ministero della Difesa viene assegnato anche un ruolo di consulenza e sostegno all’acquisizione di “materiali di armamento prodotti dall’industria nazionale” da parte di altri stati con i quali intercorrono accordi di cooperazione: un’attività “di supporto tecnico–amministrativo ovvero contrattuale...”; per gli stessi accordi “può essere prevista la cessione di sistemi d’arma, di mezzi e di equipaggiamenti in uso alle Forze armate, obsoleti ovvero eccendenti...”. Quello che più importa, però, è che “i proventi derivanti [da tali] attività..... sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente rassegnati” al ministero della Difesa. Che in questo modo si garantisce altri fondi “fuori sacco”.
Nell’articolo su “Il debito e le spese militari” avevamo già anticipato come un’eventuale riduzione di alcuni progetti di riarmo non avrebbe cambiato la sostanza della questione e il quadro complessivo di una riorganizzazione della difesa in senso ancor più aggressivo e interventista. Il ministro Di Paola lo dichiara senza mezzi termini e con una dose di arrogante onestà: “la riorganizzazione di cui ho parlato è finalizzata all'ottenimento di uno strumento militare di dimensioni più contenute ma più sinergico ed efficiente nell'operatività e pienamente integrato e integrabile nel contesto dell'Unione europea e della Nato”.
In questa direzione si colloca la questione degli F35/JSF. Il ministro ha annunciato un ridimensionamento del programma, che verrà quindi riconfermato perché “il JSF è il miglior velivolo aerotattico in via di sviluppo e produzione...” e, si sa, “la componente aerotattica è un elemento indispensabile e irrinunciabile di ogni strumento militare degno di questo nome... (ricordo il Kosovo, l'Afghanistan, la Libia e l'Iraq)”, appunto, ricordiamocelo – e ricordiamo i morti causati da quella “componente aerotattica”, o “difesa avanzata” come la chiamava D’Alema.... D’altronde, come ha dichiarato Di Paola in commissione parlamentare, “Beirut è più vicina a noi di quanto non lo sia il Lussemburgo e Kabul è più vicina a noi di quanto non lo sia Capo Nord”, il che spiega perché i soldi delle speculazioni finiscano in Lussemburgo, mentre le frontiere sono chiuse alle/ai cittadine/i di Kabul o Beirut... Aggiunge ancora il ministro che “l'esame fatto a livello tecnico e operativo... porta a ritenere come perseguibile, da un punto di vista operativo e di sostenibilità, un obiettivo programmatico dell'ordine di 90 velivoli... (sui 131 previsti, NdR), una riduzione importante che, tuttavia, salvaguarda anche la realtà industriale...”.
Il messaggio è chiaro, e piacerà sicuramente anche all’on. Pinotti del Pd (dopo lo scorno delle primarie genovesi...) e al suo partito: le Forze Armate sono uno strumento fondamentale nelle attuali politiche del nostro paese e dei suoli alleati della Nato; la spesa per armamenti è un elemento indispensabile di questo strumento, delle sue “nuove” funzioni e del sostegno alle industrie belliche “nazionali”.
Per questo non si può continuare a illuderci di “riduzioni” o altre politiche di questo tenore: se vogliamo davvero risparmiare sulle spese militari e non pagare il debito che queste ci lasciano (finanziario ma anche umano e morale), dobbiamo impegnarci per una trasformazione dello strumento militare in direzione del disarmo e della progressiva smilitarizzazione del nostro paese e delle sue politiche.

Il debito e le spese militari



di Alberto Stefanelli e Piero Maestri
Estratto Da http://www.guerrepace.org/spesamil/mil_home.html
I DATI DELLE SPESE BELLICHE
Per discutere l’argomento è prima di tutto necessario capire di quali cifre stiamo parlando.
Secondo gli ultimi dati disponibili del Sipri, uno dei più autorevoli centri di ricerca internazionali sulle armi, l’Italia ha speso nel 2010 circa 26,6 miliardi per la difesa militare – a fronte dei 20,3 miliardi dichiarati dal ministero della difesa -  posizionandosi ancora una volta al decimo posto nella classifica dei paesi che maggiormente spendono per i loro eserciti. Ma non si tratta di un’eccezione; sempre leggendo i dati Sipri  l'Italia del nuovo millennio ha speso in media ogni anno circa 25 miliardi di euro per le spese militari. Molti di più di quanto dichiarato ufficialmente.
Per il 2012 il bilancio della Difesa è pari (con l'approvazione del bilancio dello Stato il 12/11/2011) a 19.962 milioni di euro suddivisi in  14,1 miliardi per esercito, marina e aeronautica e 5,8 miliardi per i Carabinieri. A questi numeri va aggiunto che nello stato di previsione del ministero dell'Economia è presente il fondo per le missioni internazionali di pace, incrementato con 700 milioni di euro dalla Legge di stabilità, raddoppiati poi dalla manovra Monti. Lo stato di previsione del ministero dello Sviluppo Economico comprende poi 1.538,6 milioni di euro per interventi agevolativi per il settore aeronautico e 135 milioni di euro per lo sviluppo e l'acquisizione delle unità navali della classe Fremm. La Legge di Stabilità proroga al 31 dicembre 2012 l'utilizzo di personale delle Forze armate per le operazioni di controllo del territorio per una spesa complessiva di 72,8 milioni di euro.
Si arriva così a una spesa complessiva - verificata - di oltre 23 miliardi di euro, come riportato da il manifesto.
UN BILANCIO PER LE GUERRE
Ma a cosa servono queste spese? Lo ripetiamo, questo è l’argomento centrale.
Non si tratta solo dell’inutile aereo F35, un aereo da attacco dalle caratteristiche tecniche tali che lo rendono adatto ad una guerra contro altre superpotenze militari; questi soldi vengono bruciati anche per mantenere un carrozzone di 180.000 uomini (e donne) in cui, come rileva il rapporto di Sbilanciamoci 2012, i graduati (in aumento) sono più della truppa (in diminuzione) e i generali sono in proporzione più di quelli statunitensi. Una struttura con molti marescialli in soprannumero e magari inadatti, anagraficamente, alle nuove necessità operative.
La questione va molto oltre.
L’Italia, tra i membri fondatori, partecipa da sempre a pieno titolo alle attività della Nato. Il contributo economico diretto all’Alleanza Atlantica piazza l’Italia al 5° posto tra i paesi finanziatori (nel 2007 è stato di 138 milioni di euro su un totale di 1.874,5 milioni di euro, pari al 7,4% dei contributi totali versati dagli alleati) collocandola subito dopo Usa, Regno Unito, Germania e Francia.
Per adeguarsi ai requisiti della Nato l’Italia ha dato vita già da tempo ad un ampio programma di riarmo, attualmente in atto, che si traduce nell’acquisto di 121 caccia Eurofighter per un costo totale di 18 miliardi di euro, 6 miliardi per elicotteri da attacco e da trasporto, più di 7 miliardi per 12 fregate, 1,4 miliardi per la nuova portaerei, 1,9 miliaardi per 4 sommergibili, 1,5 miliardi per 249 blindati. Più ovviamente obici, siluri, missili, radar e tutto quanto serve per operare in guerra fuori dal territorio nazionale.
Mezzi che non sono solo risorse sprecate ma che fanno danni quando vengono impiegati per le guerre della Nato. Se negli ultimi anni le truppe impegnate all’estero si aggiravano tra gli 8000/8500 uomini, più della metà sono stati impegnati in missioni Nato (l’Italia è il 4° paese per contributi alle operazioni a guida Nato).
Tra queste non ultimo l’Afghanistan, dove l’Italia è presente con circa 4.000 soldati (3.918 a inizio settembre) con armamenti e attrezzature al seguito, che sono costati nel 2011 più di 800 milioni di euro, che porta il totale per i dieci anni di permanenza al seguito dell’alleato statunitense a circa 3,5 miliardi di euro (mentre il totale dei fondi destinati alle missioni militari nazionali dal 2001 si aggira sui 13 miliardi di euro).
In questo ambito l’Italia si occupa anche di quella che, nella divisione internazionale del lavoro militare all’interno della Nato, viene riconosciuta come un’eccellenza italiana, cioè la gestione dell’ordine pubblico attraverso le forze di polizia ad ordinamento militare. Questo attraverso due “centri” collocati a Vicenza e gestiti dall’Arma di Carabinieri: il Comando della Gendarmeria Europea, una forza di pronto intervento formata da diverse polizie militari europee pronta ad intervenire in missioni di “pace” a supporto degli eserciti nelle fasi di occupazione dopo la guerra. E il CoESPU, una scuola di polizia per forze armate del terzo mondo dove viene formato personale per le varie missioni di pace. Non per niente i carabinieri protagonisti di Genova 2001 venivano dalle guerre della Somalia e del Kossovo e oggi gli Alpini passano direttamente dall’Afghanistan alla Val di Susa
Soprattutto di questo dovremo discutere quando parliamo di spesa militare. In questo quadro crediamo sia quindi indispensabile chiedere una riduzione delle spese militari non solo e non principalmente in funzione di eliminare sprechi, spese inutili, o privilegi di casta. Questo è certo necessario ma non sufficiente a definire una diversa politica della difesa improntata alla pace e non più alla guerra.
Già nei precedenti governi di centrosinistra e centrodestra che hanno preceduto l’attuale era ben presente l’insostenibilità economica dell’apparato militare. Pur senza arrivare a nulla di fatto e senza avviare una discussione pubblica, questi governi hanno cercato di operare per arrivare a “forze armate ancora più efficaci e adeguate ai nuovi compiti, razionalizzando i costi, adeguando le risorse e ammodernando la concezione stessa di Forze Armate”, come ha affermato La Russa nell’aprile 2009; o come si era espresso prima di lui il sottosegretario alla difesa Forcieri nel settembre 2006 arrivando a delineare uno strumento militare con meno marescialli e con più strumenti per le missioni militari.
IL DEBITO PUBBLICO E LE SPESE MILITARI
L'enorme debito pubblico italiano, come quello degli altri paesi europei, è il risultato delle scelte politiche neoliberiste - come gli articoli pubblicati sul sito www.rivoltaildebito.org hanno già più volte mostrato.
Per l'argomento che trattiamo ci sembrano due le questioni connesse: da una parte l'aumento del budget della difesa, malgrado la riduzione di altri capitoli di bilancio, come conseguenza di un rilancio dell'uso della forza militare come strumento connesso alla presenza economico-politica internazionale (come già recitava il Nuovo modello di difesa del 1991); dall'altra il sostegno pubblico all'industria bellica, in particolare alla galassia di Finmeccanica.
Come dicevamo, questa non è una caratteristica solamente italiana. La Grecia, pur in bancarotta, ha continuato a destinare il 3,2% del Pil alle spese militari (oltre dieci miliardi di dollari l'anno).
L'Italia, come abbiamo visto, non è da meno, e con  un debito pubblico di oltre 1900 miliardi di euro continua ad avere il bilancio militare di cui abbiamo parlato - che ci ha fatto spendere negli ultimi 10 anni più di 200 miliardi di euro per la guerra secondo i dati ufficiali, ma ben 280 miliardi secondo il Sipri.
E' chiaro che questa forte spesa militare ha contribuito al deficit pubblico e che il bilancio della difesa ha subito tagli decisamente ridicoli o inesistenti, ancora più scandalosi se confrontati con quelli subiti dai servizi pubblici.
L'altro elemento è quello del sostegno pubblico mascherato all'industria bellica. L'industria militare è per sua natura un settore che dipende dalla commesse pubbliche, e anche se in questi ultimi 20 anni si sono susseguiti accordi internazionali, acquisizioni, joint-venturs, una società come Finmeccanica non potrebbe sviluppare il settore militare senza forti commesse pubbliche e senza un sostegno diretto e indiretto alle proprie produzioni.
Questo è quanto avvenuto, nello stesso periodo in cui entra in crisi la produzione civile di Fincantieri e la stessa Finmeccanica è in procinto di dismettere completamente la produzione di treni (vedi l'articolo di Marco Panaro (Meno treni e più armi. La death economy di Finmeccanica).
Il sostegno a questa impresa a capitale prevalentemente pubblico si è intrecciata nel nostro paese alle politiche di dismissioni industriali, agli scandali legati alla «cricca-economy» e in generale al legame tra politiche neoliberiste e guerre.
Un legame che viene messo in luce persino da un uomo come Innocenzo Cipolletta, già direttore di Confindustria e autore del libro «Banchieri, politici e militari» (Ed. Laterza), che in un convegno a Trento ha affermato: «Non si può comprendere la crisi del petrolio del 1974 senza la guerra del Vietnam e le tensioni in Medio Oriente. Analogamente la bolla finanziaria del 2008 è intimamente legata alle modalità con cui si è entrati in guerra contro il terrorismo internazionale. Il debito infatti si ingigantisce, e come nell'Antica Roma, chi è debitore è schiavo: in questo caso noi siamo schiavi dei mercati finanziari (le misure della BCE per esempio) che ci dicono come comportarci e quali correttivi introdurre, perdendo così la nostra sovranità».
Su questi legami crisi-guerre-spese belliche-debito vogliamo tornarci prossimamente.
UN ALTRO MODELLO PER LA “DIFESA”
Arriviamo allora al punto che più ci interessa. Le spese militari italiane (ed europee) vanno drasticamente ridotte come conseguenza di una scelta politica precisa: non vogliamo più un modello di “difesa”  pensato e strutturato per fare la guerra. Sia che si tratti di quello attuale con sprechi, privilegi e spese inutili;  sia che si tratti di quello più “efficace” nel fare le guerre che vorrebbero il ministro Di Paola o il gen. Roberta Pinotti (e La Russa, prima di lei).
Non vogliamo più la partecipazione italiana alle guerre illegittime e alle missioni militari della Nato; vogliamo che l’Italia esca dalla Nato e questa “obsoleta” alleanza militare venga sciolta – o comunque che l’Europa scelga una postura internazionale pacifica e di cooperazione e co-sviluppo con il Mediterraneo, l’Asia, l’America latina e l’Africa.
È sulla base di queste scelte politiche che affrontiamo il nodo del taglio alle spese militari.
Non per arrivare a forze armate più pronte ed efficenti nel partecipare alle guerre della Nato, ma per un diverso modello di difesa.
Un modello di difesa che tenga conto che con l’equivalente di 15 giorni di guerra Emergency ha realizzato in Afghanistan tre centri chirurgici, 28 ambulatori e un centro di maternità e che l’intero programma di Emergency in Afghanistan si mantiene con l’equivalente di due giorni di presenza militare italiana.
Un modello di difesa che tenga conto, come ci ricordano i dati della campagna Sbilanciamoci, che con la stessa somma impiegata in dieci anni di missioni militari si potrebbero costruire, ad esempio,  3.000 nuovi asili nido che servirebbero un’utenza di 90.000 bambini, creando 20.000 posti di lavoro; inoltre installare 10 milioni di pannelli solari per 300.000 famiglie con la relativa creazione di 80.000 posti di lavoro e infine, sempre con la stessa cifra, mettere in sicurezza 1.000 scuole di cui beneficerebbero 380.000 studenti creando così altri 15.000 posti di lavoro
Un modello di difesa che tenga conto del peso delle armi sullo sviluppo economico nazionale, come ci ricorda la ricerca della Brown University (Usa) che mostra come per ogni milione di dollari investito nel settore armi si creano 8 posti di lavoro, gli stessi posti che si otterrebbero con lo stesso investimento in programmi di sviluppo legati all’energia rinnovabile (solare, eolico, biomasse). Che però diventerebbero 14 con lo stesso investimento nell’assistenza sanitaria, nel trasporto pubblico o nelle ferrovie; e che sarebbero 15 se l’investimento avvenisse nel sistema educativo pubblico e soltanto 12 se investito nella climatizzazione delle abitazioni.
Si può naturalmente partire dalla cancellazione dei programmi più scopertamente vergognosi e scandalosi – come quello che riguarda gli F35 – come, appunto, punto di partenza di una consapevolezza di una necessaria riconversione delle politiche e del sistema militare-industriale – non come strumento di razionalizzazione delle spese stesse, cercando pure il consenso in tempi di crisi e di ristrettezze di bilancio.
Tra l'altro, come hanno dimostrato più volte la rivista «Alteconomia» e il suo redattore Francesco Vignarca, non è prevista alcuna penale per l'uscita da quel programma - e gli stessi Usa stanno profondamente rivedendolo.
NON PAGARE IL DEBITO, TAGLIARE LE SPESE MILITARI
In questo senso l’approccio è analogo a quello della campagna “Rivolta il debito”: il problema non è più principalmente “chi deve pagare il debito”, ma la consapevolezza che il debito pubblico che si è formato in Italia (come nel resto d'Europa) è in gran parte illegittimo e per questo non deve essere pagato affatto.
Lo stesso vale per il bilancio della difesa: va drasticamente tagliato perché si può e si deve fare a meno dello strumento delle forze armate come concepito dal “pensiero unico della difesa” che ha visto sempre concordi le forze politiche da An al Pd (con brutti scivoloni anche di Prc e dintorni...).
E una parte del debito pubblico si è formato anche per permettere di tenere alte le spese della difesa, come chiedevano la Nato e gli Usa: interessante al proposito uno studio del 1999 del Government Accountabilty Office del Congresso statunitense (Nato: implications of European Integration for Allies’defense spending) che sosteneva: «Essendo le spese per la difesa una porzione relativamente piccola del bilancio dello stato, dovrebbero essere facilmente protette dai tagli. Comunque, anche se il sostegno per i tagli alla difesa è minimo, potrebbe diventare un obiettivo attrattivo: la pressione per ulteriori aumenti per le pensioni e la sanità dovute all'invecchiamento della popolazione metteranno a rischi i bilanci futuri in molti paesi europei. Una forte crescita economica è chiaramente la chiave per fornire ai governi la flessibilità necessaria a equilibrare bisogni e risorse». La storia di questi anni ci racconta come è andata:  la crescita è stata debole, la spese per pensioni e sanità è diminuita e le spese militari sono aumentate - per la gioia dei nostri «alleati» statunitensi - e intanto aumentava il debito pubblico.
La campagna contro il pagamento del debito e quella contro le spese militari sono profondamente connesse; per questo una parte dell’audit dei cittadini sul debito pubblico dovrà riguardare le spese militari come forma specifica di illegittimità della destinazione dei fondi con cui si è formato il debito pubblico.

martedì 17 aprile 2012

Lavoro: usb in audizione al senato smonta la controriforma Fornero




Si è tenuta alle 8.45 di questa mattina l’audizione dell’Unione Sindacale di Base presso la XI Commissione Senato sul Disegno di legge 3249 – Riforma del lavoro.

All’audizione, presieduta dal Presidente la Commissione Lavoro Previdenza Sociale, Pasquale Giuliano, e dal Vice Ministro al Welfare, Michel Martone, sono intervenuti per la USB  Fabrizio Tomaselli, dell’Esecutivo confederale nazionale, e Carlo Guglielmi, dell’Ufficio giuridico della Confederazione nonché Presidente del Forum Diritti/Lavoro.

Nel corso dell’audizione Tomaselli ha chiarito la posizione nettamente contraria dell’organizzazione, invitando i numerosi Senatori presenti a non votare il disegno di legge che costituisce una controriforma del mercato del lavoro. Infatti, mentre rimane intatto un immane “supermarket della precarietà”, che toglie alle ultime due generazioni ogni prospettiva di futuro, nel DdL non viene riconosciuto alcun diritto al reddito, indispensabile per garantire una vita libera e dignitosa a tutti i non occupati; a ciò si aggiunge una sostanziale manomissione dell’art. 18, dando mano libera ai licenziamenti, e la drastica riduzione, in durata e quantità, degli ammortizzatori sociali.

L’avvocato Guglielmi ha illustrato sinteticamente la articolata relazione che la USB ha presentato e consegnato al Presidente, smontando, nei pochi minuti a sua disposizione, il testo del disegno di legge sia sotto il profilo giuridico sia sotto quello degli effetti che il DdL, se approvato, produrrebbe sul mercato del lavoro e sui diritti dei lavoratori.

Al termine dell’audizione, la delegazione USB ha consegnato al Presidente e al Vice Ministro Martone una proposta di emendamento all’articolo 52 del DdL sulla questione degli “esodati”, predisposto dal Comitato Esodati d’Italia.

La relazione integrale e la proposta di emendamento sono scaricabili dal portale www.usb.it

Appello no all'imbroglio sull'articolo 18

I sottoscritti Rappresentanti Sindacali CGIL chiedono a Susanna Camusso e alla Segreteria Nazionale CGIL di modificare il parere positivo espresso in merito al DDL sul Mercato del Lavoro, relativamente alle modifiche apportate all’articolo 18.

Siamo davanti ad una controriforma che, e sono parole del Presidente del Consiglio, rende la reintegra nel posto di lavoro un caso estremo e raro, assai improbabile nella sua applicazione concreta.

La segreteria della Cgil quindi sbaglia profondamente e compromette una battaglia per il lavoro che è tanto più necessario nel momento in cui la crisi si aggrava.

La sostanza del provvedimento è che l'articolo 18 viene scardinato, rendendo la reintegra nel posto di lavoro l'ultima ed estrema soluzione in caso di licenziamento ingiusto. La nuova legge renderà possibile licenziare senza la reintegra, concedendo solo un piccolo indennizzo.

Siamo convinti che la stragrande maggioranza degli iscritti della Cgil non siano d’accordo con la loro segreteria, che accetta questa drastica riduzione della tutela dei lavoratori.

Inoltre il provvedimento non riduce la precarietà, non rende universali per tutte le forme di lavoro e per tutte le imprese gli ammortizzatori sociali e il sostegno al reddito.

Continuiamo a riconoscerci nelle parole d’ordine che la CGIL ha riportato sui moduli per la raccolta delle firme per difendere l’Articolo 18:
“Il lavoro non è una merce “
“Salviamo la dignità del lavoro e delle persone che lavorano”
“Il lavoro non può essere usa e getta”

La mobilitazione va ripresa in ogni posto di lavoro, gli scioperi che vengono mantenuti devono diventare scioperi contro la truffa sull’articolo 18 e la controriforma sul lavoro, il Direttivo CGIL del 19 deve confermare lo Sciopero Generale in difesa dell'Articolo 18.

firma anche tu !!!
le adesioni vanno inviate a: rsursaindifesalegge300@gmail.com   oppure puoi firmare la petizione on line su: http://www.petizionepubblica.it/?pi=art18


RSU/RSA in difesa dello Statuto dei lavoratori

Prime adesioni:

  1. Leonardo De Angelis – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  2. Maurizio Mariani – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  3. Paolo Lacerenza – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  4. Nando Simeone – RSA Farmacap Filcams CGIL
  5. Luisella Falsaperla – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  6. Alessandro Ceccopieri – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  7. Eugenio Trebbi – RSU Hewlett Packard Roma Filcams CGIL
  8. Andrea Furlan ­– RSA settore alberghi Filcams CGIL
  9. Federico Mugnari – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  10. Mario Cimei – RSU Metro Roma Filcams CGIL
  11. Pasquale Arcuri – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  12. Spartaco Martinelli – RSA Ipercoop Roma Filcams CGIL
  13. Francesco Tranfaglia – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  14. Dino Bruno – Rappresentante Sindacale FIOM CGIL nella RSU IBM Roma
  15. Stefano Fidenzio – Iscritto Filcams CGIL Roma
  16. Vincenzo Pecoraio – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  17. Luigi Balocco – Rappresentante Sindacale FIOM CGIL nella RSU IBM Torino
  18. Francesca Fabbri – RSA QUI Group FILCAMS CGIL Genova
  19. Nicola Salvi Bentivoglio – RSA FISASCAT CISL Sistemi Informativi Padova
  20. Mario Iacobelli – RSA Unicoop Laurentina Filcams CGIL Roma
  21. Alfio Riboni – Rappresentante Sindacale FIOM CGIL nella RSU IBM Segrate
  22. Oliana Boni – Rappresentante Sindacale FIOM CGIL nella RSU IBM Roma
  23. Marco Cipolloni - delegato FIOM CGIL del Gruppo Exprivia di Roma
  24. Mauro Argento –  delegato FIOM CGIL del Gruppo Exprivia di Roma
  25. Antonio Marini –  delegato FIOM CGIL del Gruppo Exprivia di Roma
  26. Stefano Bazzoli – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  27. Caterina Ferraro –  Rappresentante Sindacale FIOM CGIL RSU IBM Roma
  28. Andrea Fioretti, rsa Filcams Cgil appalti SelexElsag;
  29. Renato Caputo, rsu Flc Cgil Roma;
  30. Fabrizio Cottini, rsa Cgil Sielte;
  31. Sante Marini, rsu Fiom Cgil Alcatel Alenia;
  32. Maurizio Bacchini, rsu Fiom Cgil Baxter SpA Roma;
  33. Marina Citti, rsa Cgil Menarini SpA Pomezia.
  34. Renato Pomari  R.S.U.  F.I.O.M. IBM VIMERCATE
  35. Antonio Baldo RSA Axitesa Filcams Roma Lazio
  36. Maurizio Scarpa Filcams Direttivo Nazionale
  37. Luigi Presutti RSU ATAC Roma
  38. Cristiano Ravasi – RSA Sistemi Informativi Milano Filcams CGIL
  39. Lorenzo Maria Genitori – RSA Sistemi Informativi Milano Filcams CGIL
  40. Christian De Nicola - RSA Direttivo FIOM-CGIL Roma Nord
  41. Claudio Rachiele – RSU  FIOM CGIL - RSU IBM Italia spa
  42. Michele Manieri – RSU Hewlett Packard Roma Filcams CGIL
  43. Giovanni Bosnjak – RSA Filcams CGIL Roma
  44. Armando Morgia  – RSU Comune di Roma F.P. CGIL
  45. Fabio Micantoni – Candidato RSU FIOM Aubay spa
  46. Claudio Simonelli – RSU Sistemi Informativi Roma Filcams CGIL
  47. Emanuela Pulcini –  PierreciCodessCultura Rsa Filcams Cgil
  48. Caterina Zerlotti –  Rsa Coop consumatori Nordest
  49. Carlo Malfarà R.S.U  Metro Cash and Carry Roma la rustica FILCAMS CGIL
  50. Francesco Locantore, direttivo Flc Roma e Lazio
  51. Fabio Opimo rsu telecomitalia roma slc-cgil
  52. Federico Rossetti rsu telecomitalia roma slc-cgil
  53. Clarissa Bonsignori rsu rls Filcams Cgil La Rinascente Firenze
  54. Ignazio Gargiulo - Rappresentante Sindacale FIOM CGIL RSU IBM Napoli
  55.  Renzo Piatti - Rappresentante Sindacale FIOM CGIL  RSU IBM Torino  
  56.  Diego Risi  - Rappresentante Sindacale FIOM CGIL RSU IBM Napoli
  57.  Alfredo Vertullo - Rappresentante Sindacale FIOM CGIL RSU IBM Napoli
  58. Simona Bucci - RSU Sofiter  Roma,
  59. Luca Gentili - RSU Sofiter  Roma,
  60. Michelina Gisondi - RSU Sofiter  Roma
  61. Ornella Fedeli - RSU - FIOM/CGIL CARRIER - VILLASANTA BRIANZA; La rsu Carrier, sottoscrive l'appello in difesa dell'art.18, sostenendo tutte le lotte già previste, anzi intensificarle perché anche il resto della riforma è da modificare profondamente, la CGIL ragioni da sindacato no da ragioni politiche, se sto governo deve saltare facciamolo saltare in difesa dei lavoratori pensionati e di chi paga le tasse onestamente
  62. Sara Arbus – RSA Sistemi Informativi Milano Filcams CGIL
  63. Puopolo Euplio RSU FIOM di Selex-SI  S.P.A.
  64. Fanto' Vincenzo R.S.U. METRO ITALIA CASH AND CARRY ROMA LA RUSTICA
  65. Monica Marchiani FLC CGIL Ancona
  66. Filppo Nappi delegato Coopservice Direttivo Filcams
  67. Barni Alessio Rsu Icap Sira stabilimento Barberino  Mugello
  68. Gori Mauro Rsu Icap Sira stabilimento Barberino  Mugello
  69. Sajid Mohammad Rsu Icap Sira stabilimento Barberino  Mugello
  70. Massimo Vernile rsa filcams cgil
  71. Ettore Pasetto – RSU FIOM CGIL Elsag datamat
  72. Michele Giuliano – Iscritto Filcams CGIL Roma: ritengo come voi che la questione "Articolo 18" sia un imbroglio e non ha senso vanificare in modo così arrendevole gli sforzi che abbiamo fatto nel 2002 con l'iniziativa portata avanti da Cofferati.
  73. Mario Mazzuccato rsu coop adriatica filcams venezia
  74. Caterina Zerlotti RSA Coop Consumatori Nordest, Reggio Emilia
  75. Ruiu Pasqualina – RSU Sistemi Informativi Torino Filcams CGIL
  76. Simona Argomenni RSU ortofrutta FLAI CGIL
  77. Marina Ines Scarpa - CGIL pensionati Milano Zona Barona: La riforma dell'art. 18 porta il contratto  a tempo indeterminato verso la soglia della precarietà, di fatto lo trasforma a temporaneo, soggetto in ogni momento a essere concluso unilateralmente dal datore di lavoro. Chiedono a Susanna Camusso e alla Segreteria Nazionale CGIL di modificare il parere positivo espresso in merito al DDL sul Mercato del Lavoro, relativamente alle modifiche apportate all’articolo 18. Siamo davanti ad una controriforma che, e sono parole del Presidente del Consiglio, rende la reintegra nel posto di lavoro un caso estremo e raro, assai improbabile nella sua applicazione concreta. La sostanza del provvedimento è che l'articolo 18 viene scardinato, rendendo la reintegra nel posto di lavoro l'ultima ed estrema soluzione in caso di licenziamento ingiusto. La nuova legge renderà possibile licenziare senza la reintegra, concedendo solo un piccolo indennizzo. La mobilitazione va ripresa in ogni posto di lavoro, gli scioperi che vengono mantenuti devono diventare scioperi contro la truffa sull’articolo 18 e la controriforma sul lavoro, il Direttivo CGIL del 19 deve confermare lo Sciopero Generale in difesa dell'Articolo 18.
  78. Mimì Spadavecchia
  79. Raffaella Giustini RSU di HP-cds Roma (SLC CGIL)
  80. Luisa Tanzi, rsa filcams CGIL Ducops c/o Farmacentro
  81. Gallina Manuela RSU ist. Comp. “casa del sole” Milano





  1. Maurizio Fusini,
  2. Antonio Baldo
  3. Riccardo Lorenzi
  4. Edvid Vorano
  5. Alberto Salvini: NO a questa vergogna!!!!!!!!!
  6. Massimo Filippini,
  7. Marco Doglioli: Appoggio in pieno la petizione,non svendete i nostri diritti. Grazie
  8. Fabrizio Tiberti,
  9. Angelo Vincelli,
  10. Aldo Serafini: dopo 35 anni che lavoro mi vedo depredare di ogni diritto è ora di dire basta
  11. Stefano Bava
  12. Antonio Bonifazio: Non è necessario indebolire ancora di più le tutele, già ci licenziano come cazzo gli pare e piace
  13. Antonio D’Andrea: è una situazione disperata; io sono un precario; lavoro da 12 mesi senza avere stipendio perché la Pubblica Amministrazione non ci paga; dovrei cambiare un lavoro che resta bellissimo ma a 50 anni cosa posso fare?
  14. Anna Migliaccio: sottoscrivo pienamente! Ricordiamo inoltre che molti giuslavoristi sostengono che le nuove norme valgono anche per il settore pubblico
  15. Sabina Bigazzi,
  16. Alborino Maurizio: Giu' le mani dai diritti conquistati dai ns padri con tante lotte sindacali!!
  17. Anna Tortosa,
  18. Katia Bottoni,
  19. Giorgio Frassanito,
  20. Alessandro Coato.
  21. Anna Lisa Mascolo: NO ALL IMBROGLIO ART 18!
  22. Pietro Gervasio,
  23. Daniele Pilo,
  24. Anna Maria Caseri: ................VERGOGNA!!!!!!!!!..............
  25. Michela Salami
  26. Alessandro Perrone
  27. Sergio Ruggeri
  28. Marco Parissenti
  29. Domenico Paudice: no alla svendita dell' articolo 18
  30. Marco Vitali
  31. Paolinelli Antonio: BASTA CON L'IPOCRISIA !!! TORNATE A FARE IL VOSTRO LAVORO I SINDACALISTI!!
  32. Felicia Lombardo
  33. Luigi Rinaldi
  34. Claudio Barotti
  35. Massimo Carlini
  36. Anna Lucia Viviani: Dove sono finiti i diritti dei lavoratori, sempre che in Italia siano mai esistiti e tanto più la presunta riforma degli ammortizzatori sociali, praticamente nulli???Cosa devono fare le famiglie ed in particolare le donne sole, come me , con figli, per sopravvivere?Siamo ormai alla disperazione ed è necessaria un'azione congiunta di Governo, sindacati, forze politiche e popolazione, immediata. Non c'è tempo da perdere in chiacchiere; siamo stanchi delle barzelllette, non riusciamo più a mettere neppure il pane in tavola per i nostri figli. Quale futuro prospettiamo loro? Per favore, è ora di agire subito e concretamente, da oggi!!!
  37. Davide Facchin
  38. Claudio Bianchi
  39. Mariaflavia Mancino
  40. Domenico Stratoti: e che vinca la lotta'
  41. Maurizio Meschetta:
  42. Fabrizio Parisi
  43. Vincenzo Rubino
  44. Luca Lieto: l'articolo 18 non si tocca , per assumere i giovani basta incentivare le aziende ad investire in innovazioni e nuove tecnologie, altro che libertà a licenziare
  45. Roberto Putignano: penso che i nostri vecchi si vergognerebbero a veder distrutto ciò per cui molti hanno versato sangue
  46. Miriam Planesio: VERGOGNA!!!!
  47. Iris Cristofanini
  48. Carmelo Iacono
  49. Giuseppe Viozzi
  50. Delia Fratucelli
  51. Francesco Trentin
  52. Marco Loprevite
  53. Andrea Parri
  54. Gianni Gasparroni
  55. Fabiola Giuliani
  56. Massimo Lombardo: Unire tutti i lavoratori, i precari, i pensionati, i disoccupati e gli studenti per arrivare ad una mobilitazione generale e nazionale
  57. Fabrizio Petrolini
  58. Barbara Scaciovelli
  59. Adamo Giovanna
  60. Francesca Percacchia: NO ALL'IMBROGLIO SULL'ART. 18
  61. Luca Assi
  62. Candino Barucco
  63. Cinzia Dell’erba
  64. Cinzia Abramo
  65. Romano Morgia
  66. Marina Piovesan
  67. Ferid Hedhli
  68. Felice Dileo
  69. Mario Bortolotti
  70. Giovanni Francesco Pacciolla: Il disinteresse da parte di tanti (troppi ancora), riguardo i problemi che viviamo in Italia, permette a chiunque di fare ciò che questo governo sta facendo, ovvero colpire le masse degli strati bassi per fare cassa e preservare le elite che fanno parte degli strati alti. Non bisogna essere laureati per fare questo. E' triste che una nazione di gente che ha voglia di lavorare sia governata da una cerchia di ladri che ha solo voglia di continuare a rubare impunemente. E' necessario uno scatto da parte nostra, dobbiamo essere noi gli attori del nostro futuro, perché nessuno tutelerà i nostri diritti se noi non siamo disposti a farlo per primi.
  71. Elisa Luppino
  72. Emidio Santangelo
  73. Fabio Catalano
  74. Francesca Messina
  75. Elisa Bolognesi
  76. Giuseppe Camorani: spero che saremo tutti uniti.contrariamente penso che ci sarà una svolta storica come nel 1848........................na bella rivoluzione tanto siamo alla fineeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.................
  77. Matteo Cattaneo
  78. Salvatore Cascio
  79. Michelangelo Speranza
  80. Franco Delpozzo
  81. Stefania Palavanchi
  82. Gabriele Cardoni
  83. Adolfo Pacciolla
  84. Luciano Vanola: ho lottato per l'articolo 18
  85. Alessandro Mastelli
  86. Filippo Nappi
  87. Diego Chiaraluce: estendere i diritti, non svenderli!
  88. Rocco Melino; giù le mani dall'articolo 18
  89. Giampiero Raineri
  90. Giuseppe Catucci
  91. Fausto Sottocomola
  92. Fabio Sferrazzo, Blocchiamo la restaurazione pre 68
  93. Valeria Naselli, E' tutta la riforma che fa schifo, non solo il peggiramento dell'art 18. I più di 40 contratti di lavoro atipico che facciamo , li lasciamo li a fare da balia allo sfruttamento dei precari???
  94. Elio Grigis
  95. Alessandro Berardinelli, NON C'È VITTORIA NON C'È CONQUISTA SENZA UN GRANDE PARTITO ANTICAPITALISTA
  96. Maria Rita Lo Giudice, Delegata RSA filcams CGIL Carglass SPA
  97. Simone Selmi
  98. Massimiliano Bolognini
  99. Enza Di Benedetto
  100. Ivo Filosi: Siamo tutti nel merdon! E i giovani, maledettamente ancor di più; che futuro avranno in una società così individualista!
  101. Fabiana Danesi
  102. Sergio Tarchi
  103. Alessandro Vitucci
  104. Mauro Serra: bisogna salvaguardare i diritti dei lavoratori e dei nostri figli, lottanto contro una classe dirigente ladra e al servizio dei più forti
  105. Mario Mazzuccato
  106. Graziella Cadau
  107. Carlo Malavasi
  108. Vincenzo Guarino
  109. Danilo Baretta
  110. Monica Marotta
  111. Tiziana Bergonzini
  112. John Gilbert
  113. Geraldina Ballerini
  114. Andrea Giovacchini
  115. Fiorenza Addivinola: Cancellare la legge 30 per eliminare il precariato ed estendere l'art.18 a tutto il mondo del lavoro per equità
  116. Giannino Valle: Guardia Particolare Giurata
  117. Micaela Rossetti
  118. Sauro Barducci
  119. Mauro Augusto Comi
  120. Carlo Malfarà
  121. Luciana Deidda
  122. Monica Giovannini
  123. Lettiero Ventura
  124. Alfredo Valente
  125. Riccardo Malfatto; Nessun compromesso i diritti non si svendono no al ricatto sociale un licenziamento ingiustificato non può essere interpretato !! E' un ingiustizia e basta...!!
  126. Luciano Luca Passetti: l'articolo 18 non si tocca!!come ha fatto mio padre lo difenderò con la lotta!!fino alla morte
  127. Claudio Nalli: L'articolo 18 NON E' EMENDABILE!!!!!!!!
  128. Virginia Danna
  129. Maria Viniero
  130. Giovanni Mancini
  131. Michele Santomauro
  132. Nico Vox
  133. Giovanni Esposito
  134. Isabella Sartogo
  135. Ines Marina Scarpa
  136. Paola Gonanu
  137. Stefano Boero
  138. Calà Antonina: penso che la Camusso stia sbagliando, mi sembra un ripensamento a tutto quello che abbiamo sostenuto. E' una vergogna, diamo la parola a chi sta affrontando il problema
  139. Mauro Castagnoli
  140. Paolo Battenti
  141. Eugenio Pari
  142. RSU FIOM Meccaniche Alte Creazzo (VI)
  143. Paolo Maione
  144. Matteo Burrini
  145. Carmine Masci
  146. Monica Bailo
  147. Simone Vertucci
  148. Daniela Frangioni
  149. Osvaldo Rota
  150. Federica Mosetti; per fortuna c'è ancora qualcuno che dice NO!
  151. Antonio Garzetta: difendiamo la dignita' del nostro lavoro.
  152. Mara Mariani
  153. Osvalda Marroni: appoggio la petizione. Ogni altro commento e' vano. Lavorare in una cooperativa privata e' gia, di per se', un deterrente, a qualsiasi commento si VORREBBE fare
  154. Lorenzo Bicchi
  155. Mariangela Delogu
  156. Clarissa Bonsignori
  157. Paola De Simone
  158. Patrizia Ammirati
  159. Antonio Monetti
  160. Daniela Lucchese
  161. Davide Garau
  162. Vincenzo Coco
  163. Claudio Fornari
  164. liliana lipari
  165. Paolo Zavaglia
  166. Elena Lippi
  167. Sonia Casu
  168. Alfredo Rigo
  169. Massimiliano Morosini
  170. Stefania Terlisio
  171. Carmelo Ilardo
  172. Francesca Roncacci
  173. Guido De Gregorio
  174. Aldo Della Scala
  175. Leonardo Cotrufo
  176. Gianfranco Coccoli
  177. Mirko Benzi
  178. Monica Piccini
  179. Gianluca Sartori
  180. Paolo Benelli
  181. Danilo Molinari
  182. Paolo Noceti
  183. Giovanni Di Bella
  184. Matteo Del Prà
  185. Roberto D’Avolo
  186. Mazzucchelli Silvana
  187. Maria Gabriela Massimi
  188. Gennaro Barletta
  189. Teresa Elefante
  190. Massimo Bon Gallino: l'art.18 è stata una conquista dei lavoratori ottenuta con lotte e sacrifici,abolirlo significa riportare indietro l'Italia di 50 anni!!
  191. Marco Bernasconi
  192. Isidoro Bacchiocchi
  193. Luca Manfra
  194. Elisa Migliaccio: L'inganno della modifica apportata alla prima stesura della riforma dell'art 18 per licenziamenti illegittimi per cause economiche sta nella formula "manifesta insussistenza" ; il DDL stabilisce infatti che il controllo giudiziale non può estendersi alle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro . Il reintegro diventa quindii impossibile come del resto ha detto dapprima Monti ed in seguito la ministra Fornero
  195. Roberto cordiviola
  196. Ivan Foschini
  197. Lluciano Giglio
  198. Mario Marcandella
  199. Manuela Gallina
  200. Mario
  201. Silvia Papini
  202. Raffaele Pica
  203. Barbara Signorelli
  204. Sabina Bigazzi
  205. Marina Clementoni
  206. Caterina Zerlotti
  207. Silvano Girandi
  208. Barbara Cattoli
  209. Francesco Ferroni
  210. Maurizio Lopa Romeo
  211. Rodolfo Ricci
  212. Orlando Ciampini
  213. Saandra Cangemi
  214. Gastone Cottino
  215. Gabriella Agoston
  216. Michele Capoccia
  217. Alessandra Attianese
  218. Armando De Giovanni
  219. Jacopo Landi
  220. Luzi Enrico
  221. Anna Cristofaro
  222. D’Amico Adriana
  223. Raffaele Vigliotti
  224. Maria Alpi
  225. Mario Lavagetto
  226. Riccardo Pertichini
  227. Francesca Calcanelli
  228. Giusi Legramanti: Ci hanno tolto tutto, sono Robin Hood al contrario , tolgono ai lavoratori per dare ai soliti straricchi! A CASA FORNERO MONTI E I SOCI, COMPRESO I "POLITICI"!
  229. Nunzia Amura
  230. Lucia Pallotta
  231. Giuseppina D’Ambrosi
  232. Giulia Falcone
  233. Michelina Buscemi
  234. Marco Moretti
  235. Stefano Pasquoni
  236. Fausto Renaldo
  237. Barbara Carcò
  238. Pietro Cozzi
  239. Carla Ferrari Aggradi: non sono sindacalista, non sono dipendente, ho una figlia "dottorata" assolutamente disoccupata/ maloccupata e mi preoccupo per il suo futuro ed il futuro di tutti i nostri figli. E del nostro paese, amatissimo
  240. Antonio Galdi: Art 4 della Costituzione: la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove ""le condizioni"" che rendano effettivo questo diritto. Senza art.18, niente diritti
  241. Michela Urbano
  242. Stefano Bondi
  243. Simona Rota
  244. Nico Patrone
  245. Irene Guerrini
  246. Davide Lo Prinzi
  247. Anna Nocentini
  248. Daniela Basile
  249. Stefania Scala
  250. Loredana Boccotti
  251. Daniela Bianchi
  252. Nicola Melloni
  253. Tania Stiaccini
  254. Luciano Luigi Riccargo Gianmoena
  255. Umberto Varischio
  256. Cristina Giacoia
  257. Emanuele Zotti
  258. Ugo Franzoso
  259. Tiziana Grisetti
  260. Assunta Esposito: ex iscritta alla C.G.I.L. degli anni di lotta sindacale e rappresentante di fabbrica della FI.L.T.E.A., ma ad oggi troppo delusa della direzione del sindacato che si occupa solo di spicciola amministrazione tributaria e fiscale
  261. Sante Giordano: Modifichiamo le leggi sulla ricchezza individuale
  262. Erika Dal Piva: Quadri CGIL ripigliatevi! Se non avete più voglia di fare il vostro lavoro, cioè difendere i lavoratori (forse ve lo siete scordato), tornate alle occupazioni che avete lasciato, ma con le condizioni economiche che state approvando adesso! Avrete modo di provare sulla vostra pelle quanto sia "concertante" essere umiliati da misere buste paga oltre che da continui ricatti datoriali (presente anche con l'art. 18, figuriamoci senza) ! Vedrete che di sicuro la noia del posto fisso di cui parla il vostro amico Monti non vi sfiorerà più!
  263. Stefania Favilli
  264. Pier Paola Vivani: Il MIO sindacato non può arrendersi perché lavoratrici e lavoratori non possono rimanere soli !!!
  265. Marina Clementi
  266. Giovanna Pisano
  267. Maurizio Gobbi
  268. Luciana Pellegreffi
  269. Rossana Meaggia