martedì 20 novembre 2012








Rispedire l'accordo sulla produttività ai firmatari...insieme alla tessera sindacale
19/11/2012
L'accordo sulla produttività che i CISL e UGL hanno sottoscritto con Governo e Confindustria in men che non si dica, in attesa delle firme degli altri, rappresenta l'ennesimo pesantissimo macigno che di fatto impone il modello Marchionne all'intero mondo del lavoro.
La fisionomia contrattuale viene subordinata completamente alle necessità aziendali: i contratti nazionali vengono svuotati sia dal punto di vista normativo che economico, gli eventuali aumenti
salariali dipenderanno dagli aumenti di produttività aziendale a  sua volta determinata non solo dalla completa sottomissione dei lavoratori alle esigenze aziendali, ma dall’andamento del mercato, dal rinnovamento tecnologico, dalle scelte dei manager,ecc.
Il contratto aziendale potrà contenere deroghe non solo ai contatti nazionali ma addirittura alle leggi vigenti in tema di orario di lavoro, di disciplina della prestazione lavorativa (sarà questo il famoso demansionamento?) di organizzazione del lavoro e di flessibilità. L’unico scrupolo che si sono fatti è di avanzare richiesta al Parlamento di cambiare le leggi per adeguarle a questo accordo!
La famosa richiesta di abbattimento del carico fiscale si è trasformata nella decontribuzione e defiscalizzazione degli straordinari
e dei compensi di produttività, pagati dallo stato e derivanti dai tagli che Monti ha effettuato su tutte le spese sociali, a partire dalla sanità dalle pensioni, dalla scuola, ecc.
I contratti nazionali non potranno neppure recuperare l’inflazione poiché si è scritto che la dinamica salariale deve essere”coerente con le tendenze generali dell’economia, del mercato del lavoro, del raffronto competitivo internazi e gli  andamenti specifici del settore”.
Per trovare un qualsiasi aumento salariale dovremo rivolgerci a ‘ chi l’ha visto?.
Ma l'accordo prende in esame anche il tema della rappresentanza sindacale, ricalcando il famigerato accordo del 28 giugno 2011. Tra l'altro si prevedono “....disposizioni efficaci per garantire l'effettività e l'esigibilità delle intese sottoscritte, il rispetto delle clausole di tregua sindacale, di prevenzione e risoluzione delle controversie collettive, le regole per prevenire i conflitti, non escludendo meccanismi sanzionatori in capo alle organizzazioni inadempienti”.
Allo stesso tempo si accetta la partecipazione dei lavoratori alle sorti dell'azienda, magari con qualche sindacalista nel consiglio di amministrazione.
In altre parole si sta disegnando un sindacato che assume in toto le esigenze aziendali , firma tregue, assicura l'applicazione dei peggiori accordi possibili e accetta anche eventuali sanzioni nel caso qualcuno si pentisse di ciò che ha firmato. La CGIL, che ha partecipato a tutte le fasi preparatorie dell’accordo, che ha firmato insieme a CISL e UIL il documento comune all’origine di quest’accordo, alla fine si è tirata indietro c’è da chiedersi fino a quando visto che ormai non si contano più le volte che ha firmato a posteriori gli stessi accordi degli altri.
Noi non ci stiamo: non vogliamo più accettare logiche che portano al massacro i lavoratori, li espropriano perfino delle loro vite,mettendole a completa disposizione del profitto.
Il tempo è scaduto: Cgil, Cisl, Uil e Ugl debbono essere delegittimati a partire dal rifiuto di quest’accordo per il quale non hanno avuto alcun mandato da parte dei lavoratori.
Rispediamolo ai firmatari insieme alle tessere sindacali!
Costruiamo con USB il sindacato che serve ai lavoratori e non ai sindacalisti, alla confindustria e al mal-governo.

Patto sulla Produttività: un imbroglio reazionario


di Giorgio Cremaschi

Il patto sulla produttività rappresenta un concentrato delle ideologie reazionarie e della  programmata iniquità che è alla base della agenda Monti.
La tesi di fondo che l'ispira è un brutale imbroglio di classe.
La produttività italiana ha toccato il massimo negli anni 70, quando il potere dei lavoratori nelle imprese e nel mercato del lavoro era al massimo. Da allora è sempre declinata, fino a crollare quando il sistema economico è stato strangolato dai vincoli dell'euro e del liberismo europeo.
In tutti questi anni il salario ha solo perso posizioni, sia  rispetto ai profitti sia nel confronto con gli  altri paesi Ocse. Un operaio italiano in un anno lavora due mesi in più del suo equivalente tedesco, eppure la produttività della Germania è ai vertici.
Allora perché in Italia si fa un accordo che chiede a chi lavora ancora  più orario in cambio di  ancor meno salario? Per la stessa ragione per la quale Monti vanta oggi il più feroce sistema pensionistico europeo, la massima flessibilità del lavoro i più brutali tagli alla scuola pubblica e allo stato sociale, e allo stesso tempo proclama  che questo è solo l'inizio  e pretende che i suoi successori di centrosinistra  continuino sulla stessa strada.
Perché c'é un metodo  in questa follia. Se l'Italia deve sottostare ai drastici vincoli dei patti di stabilità europea, delle banche e della finanza,  della moneta unica, dei governi conservatori, se il sistema delle imprese vuole incrementare i margini di profitto nonostante la crisi, allora è chiaro che l'unica leva che rimane , l'unica reale flessibilità è quella che viene dal supersfruttamento del lavoro.
Il patto sulla produttività estende ovunque il sistema Marchionne: i pochi che ancora lavorano devono accettare di farlo ai prezzi del  mercato globale, altro che contratti e diritti.
Tutto questo non ha nulla a che fare con la difesa dell'occupazione ma solo con quella dei profitti. Anzi la disoccupazione di massa è indispensabile per costringere i lavoratori a piegarsi al  supersfruttamento . La disoccupazione deve restare e crescere, altrimenti il modello non funziona.
A tale fine il governo mette a disposizione  la riduzione delle tasse solo per il salario flessibile. Mentre alla maggioranza dei lavoratori viene calata la paga, una minoranza può mantenere il potere d'acquisto se lavora di più in una azienda che va bene, e solo  questa minoranza avrà meno tasse suula busta paga. Questo mentre non  si trovano più i fondi per la cassa integrazione o per l'indennità di disoccupazione.
Questo non è solo un accordo sindacale è un progetto di selezione sociale. Ed è la vera risposta alla crisi di Monti e degli  interessi di classe che rappresenta. Interessi che impongono una svalutazione sociale del lavoro  sempre più brutale, visto che quella che  dura da trent'anni non  è stata sufficiente.
Questo modello sociale reazionario si appoggia su un sistema corporativo di caste e interessi burocratici organizzati. Tutto il sistema delle imprese, comprese naturalmente le cooperative e le  piccole aziende strettamente legate a partito democratico, ha sottoscritto con entusiasmo  il testo. Tra i sindacati, i firmatari sono tutti coloro  che hanno già sottoscritto le stesse condizioni alla Fiat,  ricevendone in cambio la facoltà di sopravvivere protetti dal padrone.
La Cgil finora non ha aderito all'accordo, ma annaspando in un mare di contraddizioni e incertezze.
Il patto sulla produttività è in pochi anni il terzo accordo interconfederale che devasta il contratto nazionale e tutto il potere di contrattazione del lavoro. Il primo nel gennaio 2009 non è stato sottoscritto dalla Cgil. Il secondo,  in pura continuità con il precedente, il 28 giugno del 2011 è invece stato firmato  dalla stessa  Cgil, che  anzi con la Fiom oggi ne rivendica la  piena applicazione. Ora il patto sulla produttività scioglie ai danni dei lavoratori alcune formule ambigue dell'accordo precedente, demolendo definitivamente il contratto nazionale.
Ma firmare una volta sì e una no non costruisce un'alternativa al cedimento, a maggior ragione poi quando i principali contratti sottoscritti in questa stagione già dispensano un'orgia di flessibilità e solo nei meccanici la contrattazione è separata.
Il no della Cgil è dunque di fronte  al solito bivio ove  da tempo si dividono tutte le posizioni critiche verso il liberismo. Si fa sul serio, oppure si testimonia il dissenso e poi ci si adatta alle nuove  schiavitù ricercando il male minore?
Il bivio dei contratti è lo stesso della politica.
Il centrosinistra ha già deciso di far finta di superare Monti, mentre sottoscrive tutte gli impegni assunti dall'attuale governo. La Cgil seguirà la stessa strada, cedendo con adeguata fermezza alla cancellazione di ogni solidarietà contrattuale tra i lavoratori?
Se non si vuole seguire un copione già recitato tante volte, non basta non firmare l'accordo. Se non si è d'accordo con il patto sulla produttività, bisogna combatterlo, disobbedire alle sue regole, scontrarsi con chi invece le accetta.
O si sta, anche solo passivamente, con  Monti, la sua politica , i suoi accordi, o si sta contro  di essi e contro chi li sostiene, in mezzo ci sono solo impotenza e ipocrisia.

domenica 28 ottobre 2012

Un commento a caldo sul 'No Monti Day' di Sabato 27 Ottobre 2012




Commentare politicamente il No Monti Day di sabato 27 Ottobre a Roma non è assolutamente facile.
Una moltitudine di persone, di bandiere, di associazioni,la sinistra extraparlamentare,il sindacalismo di base, gli studenti,i precari, hanno sfilato insieme sabato 27 ottobre uniti con l'obiettivo di 'cacciare il governo Monti'.
150.000 persone ,secondo le stime ufficiali, hanno sancito la riuscita di una manifestazione che è andata oltre le più rosee aspettative anche degli organizzatori.
La giornata, lanciata dal comitato nazionale ‘No Debito’, ha raccolto le adesioni di tutte quelle associazioni, partiti politici della sinistra extraparlamentare, sindacalismo di base che si oppongono alle ricette dettate dall’Europa della BCE e concretizzate dall’esecutivo Monti grazie al sostegno dei partiti parlamentari che gli permettono di funzionare.
Sul palco non si poteva non notare la soddisfazione e la gioia dei rappresentanti delle associazioni che hanno aderito per la grande risposta che questa giornata ha avuto.
Sabato in piazza c’era quel popolo che subisce e rifiuta le politiche di massacro sociale targate Napolitano-Monti-Fornero & C , le posizioni supinamente appiattite e allineate espresse dal sindacalismo confederale.
Altrettanto chiaro è apparso il posizionamento della piazza rispetto al quadro politico elettorale che si sta delineando per la tornata elettorale del 2013.
La piazza di sabato non ha alcuna affinità intellettuale e politica con il centro destra; ma altrettanta estraneità ha evidenziato verso lo schieramento di centro sinistra,verso lo strumento di democrazia virtuale rappresentato dalle primarie e verso qualsiasi altra alchimia di tatticismo elettoralistico basato su alleanze spurie. 
Archiviato il risultato della grande riuscita della manifestazione ora, gli organizzatori e le associazioni che vi hanno aderito in modo ufficiale, hanno l’impegno di costruire insieme una prospettiva di azione sociale e politica che raccolga e assolva al mandato che la piazza di sabato ha consegnato loro : Costruire una alternativa all’esistente  
‘E’ solo l’inizio’ è stato un passaggio dell’intervento di Giorgio Cremaschi, l’inizio di un percorso lungo e difficile il cui obiettivo è la costruzione di un movimento sociale e politico alternativo al montismo a cui sia centro destra che centro sinistra si sono già allineati e ne rappresentano la continuità strategica.
Il progetto è tanto necessario quanto ambizioso;ma attenzione,le persone presenti in piazza sabato non devono essere deluse ancora una volta!
Il prossimo appuntamento è già fissato per il 14 Novembre, giornata di mobilitazione europea sul patto sociale.

Tutti i video su www.libera.tv
Il commento su 'il manifesto' di domenica 28 ottobre

No Monti Day Roma 27 Ottobre 2012 Photo Gallery dai nostri inviati